In una notte mistica… nasce il Salvatore dell’umanità!
La vigilia di Natale, con l’inizio della Messa del Gallo, il Bambino Gesù nasce misticamente e liturgicamente – proprio come più di duemila anni fa a Betlemme – e verrà a noi sacramentalmente, nel Mistero Eucaristico. È un’ottima occasione per meditare sull’atmosfera di grazia che aleggiava sul presepe quando “Maria diede alla luce il suo Figlio primogenito”.
Redazione (24/12/2024 19:00, Gaudium Press) Per quanto riguarda la nascita di Nostro Signore Gesù Cristo, la scena più bella che possiamo immaginare sarà sempre inferiore a ciò che è realmente accaduto, perché la nostra mente non potrà mai raggiungere l’infinita pienezza dell’intelligenza divina che ha progettato tutto nel modo più perfetto. Sarebbe una bestemmia pensare che Dio Padre, avendo progettato la venuta del Figlio nel mondo da tutta l’eternità, sia stato negligente!
Allora perché ha scelto una grotta? Per il bene dell’umanità e per la gloria del suo Unigenito, Dio ha voluto sottolineare il contrasto tra gli aspetti umani e quelli divini del Natale, per evitare che prestassimo più attenzione ai primi piuttosto che ai secondi. Dopo il peccato originale, la nostra natura è diventata così rozza che se il Bambino Gesù fosse nato in un palazzo sontuoso, molti si sarebbero fermati ad ammirare l’edificio e avrebbero relegato il Salvatore in secondo piano. La grotta, il bue e l’asino, e persino l’assenza di testimoni, a parte Maria e Giuseppe, furono elementi provvidenziali per far risplendere in modo speciale la divinità di Cristo.
Non essendoci una descrizione più dettagliata della scena, possiamo comporla con la nostra immaginazione. Pensiamo a San Giuseppe, un uomo assistito da grazie molto speciali, inerenti alla sua alta missione, e forse anche dal discernimento degli spiriti. A un certo punto, si accorge che la Madonna sta entrando in contemplazione e, a poco a poco, si stacca dalla sua sensibilità terrena.
In questo straordinario raccoglimento, Ella si astrae da tutte le cose che la circondano: può essere una grotta o un palazzo, una culla dorata o una mangiatoia. Ciò che conta, però, è la divinità del Bambino che è nel suo grembo purissimo e a contatto con Lei, dicendole, quasi lamentandosi, che presto lascerà quell’ amato tabernacolo per riposare tra le sue braccia verginali. Naturalmente, non smetterà mai di favorirla e di avere con lei un rapporto altissimo.
Così, sempre più avvolta nel mistero dell’Incarnazione e della nascita del Verbo eterno – uno dei misteri principali della nostra Fede – la Beata Vergine è ansiosa di vedere il volto di Dio fatto Uomo, poiché Lei è l’unica creatura sulla faccia della terra che può chiamarlo Figlio e, allo stesso tempo, adorarlo con tutta la forza della sua anima. È l’unica Madre che può fare questo nei confronti del proprio Figlio senza cadere nell’idolatria, anzi, al contrario, come atto di perfezione.
Alla luce di ciò, l’adorazione di Gesù Bambino da parte della Madonna, fin dal primo momento in cui il suo sguardo si posò su di lui, fu più grande della somma di tutti gli atti di adorazione compiuti da tutti gli Angeli e i Beati e dagli uomini nel corso della storia, fino alla fine dei tempi.
Si può ipotizzare che tutto ciò creasse un’atmosfera così elevata all’interno della grotta da rendere inutili le lampade materiali poste a illuminare l’ambiente… Una luce indescrivibile doveva emanare dalla Vergine!
San Giuseppe guardò con gioia quella luce che, dapprima debole, cresceva d’intensità. E comprese perfettamente, in virtù della sua incomparabile fede, che il Creatore del sole e delle stelle non poteva nascere nelle tenebre. Cristo è la Luce che viene nel mondo e, ancora nel chiostro materno di Maria, illumina la grotta come se vi splendesse il sole di mezzogiorno. Anzi, forse questo è uno dei motivi per cui la grotta era un elemento indispensabile… Per contenere un po’ questo bagliore, perché altrimenti avrebbe suscitato stupore in tutto l’orbe terracqueo!
E San Giuseppe è così incantato ed emozionato, così preso da grazie efficaci, che, come la sua Santissima Sposa, non si preoccupa più delle circostanze precarie che lo circondano.
Ora, se gli angeli hanno cantato ai pastori, perché non avrebbero dovuto cantare anche a San Giuseppe quando è nato il Bambino Gesù? È ovvio! E se Nostro Signore ha promesso a Natanaele: “Vedrai il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell’uomo” (Gv 1,51), perché San Giuseppe non avrebbe dovuto vedere i cori angelici che univano la grotta al cielo?
Ci ha portato la salvezza!
Se, da un lato, è difficile farsi un’idea precisa della situazione dell’umanità prima dell’incarnazione del Verbo, dall’altro, basta sperimentare l’azione della grazia per rendersi conto che, per il solo fatto di essere nato, Nostro Signore Gesù Cristo ha elargito al mondo un beneficio incalcolabile. Analizzando la storia, possiamo vedere quanto possa essere efficace l’influenza di un santo sulla società. Cosa significa la nascita del Santo con la “S” maiuscola, Santo per essenza, Dio, nostro Creatore e Redentore? Se Gesù offrisse al Padre un sorriso, un gesto del braccio, un battito di ciglia o un atto di volontà in riparazione dei nostri peccati, ciò sarebbe sufficiente a realizzare la Redenzione. Ecco perché l’arrivo del Salvatore ha fatto a pezzi l’opera di satana che dominava l’Antichità e ha soppresso la proiezione che il male aveva avuto sulla terra fino ad allora.
Gesù ci rafforza per cambiare la nostra vita
L’insegnamento dato dalla grazia penetra con vigore nelle profondità dell’anima e, facendoci amare ciò che comprendiamo, ci rende capaci di praticarlo. Il cambiamento che Nostro Signore Gesù Cristo ha operato sulla faccia della terra è quindi impossibile da cogliere per la nostra intelligenza! Avremmo bisogno di occhi divini per contemplare l’intero processo storico dopo il peccato originale, da Adamo ed Eva alla nascita del Redentore, e da lì, l’irradiazione della grazia che insegna e infonde forza nelle persone per cambiare la loro mentalità.
In questo XXI secolo, in cui il male dilaga nelle piazze del mondo e prolifera con un dinamismo e un delirio travolgenti, Gesù continua a svolgere la sua missione, perché la sua opera non è soggetta alle leggi della botanica, per cui, una volta piantato il seme, la pianta cresce, fruttifica e, una volta completato il suo sviluppo, comincia ad appassire. Sull’albero divino seminato dal Salvatore, cioè la Chiesa, fioriranno sempre nuove e sempre più potenti meraviglie. La terribile decadenza che vediamo oggi nell’umanità è un segno per noi che ai nostri giorni ci sarà una grande manifestazione della potenza di Dio, senza precedenti nella storia. La Redenzione avvenuta sul Calvario porterà frutti più eccellenti e numerosi ora, che al tempo in cui si compì.
È così che dobbiamo guardare al Natale: con la grande speranza – e perché non dire certezza! – che Gesù Bambino voglia dare a ciascuno di noi la forza di abbracciare il bene. Non preoccupiamoci quindi della nostra debolezza, perché più grande è, più grande sarà la sua azione su di noi. Siamo un campo dove il Signore Gesù Cristo dimostrerà la sua potenza! Quando guardiamo il Divino Bambino rappresentato nei presepi, vediamo la debolezza della natura umana da un lato e la sua onnipotenza dall’altro. Così anche noi: siamo il ricettacolo della potenza di Dio, che si manifesta soprattutto nella nostra miseria e nel nostro nulla. Riempiamoci dunque di gioia e confidiamo nella voce dell’Angelo che proclama: “Vi porto una grande gioia”!
Testo tratto, con adattamenti, dalla rivista Araldi del Vangelo n. 240, dicembre 2021. Di Mons. João Scognamiglio Clá Dias, EP.
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