La Corte Suprema del Regno Unito ha dichiarato illegale l’insegnamento della religione cristiana.
È possibile trasmettere la cultura cristiana che ha plasmato l’Irlanda del Nord senza che essa sia considerata inappropriata nell’ambiente scolastico? La difficoltà di trasmettere l’eredità cristiana senza essere accusati di proselitismo.

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Redazione (22/11/2025 16:21, Gaudium Press) Con una storica decisione unanime, pronunciata il 19 novembre 2025, la Corte Suprema del Regno Unito ha dichiarato illegale l’insegnamento della religione e il culto collettivo nelle scuole primarie statali dell’Irlanda del Nord, in quanto non conforme agli standard europei in materia di diritti umani in materia di obiettività, pensiero critico e pluralismo.
La sentenza, che ripristina una decisione del 2022 dell’Alta Corte di Belfast e revoca una successiva decisione della Corte d’Appello, deriva da un ricorso giudiziario presentato da una famiglia non religiosa, la cui figlia – identificata in forma anonima come JR87 – ha frequentato una scuola elementare statale a Belfast tra il 2017 e il 2021 circa. Durante quel periodo, quando aveva tra i quattro e i sette anni, la bambina ha partecipato a un programma di studi cristiano non confessionale basato sulla Bibbia e su preghiere di gruppo, senza riferimenti diretti al cattolicesimo o al protestantesimo. I genitori della bambina, non cristiani e di orientamento umanista, hanno sostenuto che tali pratiche imponevano una visione cristiana del mondo che non corrispondeva alle loro convinzioni.
Non si opponevano allo studio delle religioni, ma chiedevano un insegnamento più neutrale. La scuola aveva suggerito loro di ritirare la figlia dalle lezioni di religione e dai momenti di preghiera collettiva, opzione prevista dalla legge. Ma nel 2022 l’Alta Corte di Belfast ha ritenuto che tale meccanismo imponesse un peso irragionevole ai genitori e rischiasse di isolare la bambina.
La Corte Suprema si è pronunciata a favore dei genitori, ritenendo che il programma scolastico equivalesse a “indottrinamento” in quanto incoraggiava l’accettazione del credo cristiano senza un’adeguata analisi critica, in violazione dell’articolo 2 del Protocollo 1 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU), che richiede che l’istruzione rispetti le convinzioni religiose e filosofiche dei genitori, disposto con l’articolo 9 sulla libertà di pensiero, coscienza e religione.
Nel pronunciare la sentenza, Lord Stephens ha sottolineato che insegnare agli studenti ad “accettare un insieme di credenze senza un’analisi critica equivale a evangelizzazione, proselitismo e indottrinamento”. La corte ha osservato che il programma di studi di base, elaborato con il contributo delle principali chiese cristiane, manca di impegno verso l’obiettività o l’approccio pluralistico, concentrandosi fortemente sulla “rivelazione di Dio” e sui principali insegnamenti cristiani, con solo minimi riferimenti ad altre religioni mondiali dei periodi successivi.
La decisione esenta esplicitamente le scuole cattoliche confessionali, che offrono apertamente un’istruzione basata sulla fede senza pretendere di essere neutrali. Le scuole controllate dallo Stato – storicamente trasferite dalle chiese protestanti alla gestione pubblica all’inizio del XX secolo – devono ora riformulare i loro programmi. Il Dipartimento dell’Istruzione dell’Irlanda del Nord è tenuto a rivedere il programma scolastico, introdurre ispezioni regolari ed emettere linee guida che garantiscano un insegnamento “oggettivo, critico e pluralistico” che includa religioni non cristiane e prospettive non religiose, come l’umanesimo.
Darragh Mackin, dello studio Phoenix Law, che rappresenta la famiglia, ha celebrato il verdetto come un “momento decisivo per i diritti all’istruzione”, affermando: “La Corte Suprema ha confermato che tutti i bambini hanno diritto a un’istruzione che rispetti la loro libertà di pensiero, coscienza e religione. Lo Stato non può più basarsi su rinunce individuali per giustificare contenuti curriculari controversi”.
La decisione ha scatenato un ampio dibattito culturale e filosofico. Mentre i sostenitori, tra cui gli Umanisti dell’Irlanda del Nord, la celebrano come una “vittoria storica” per l’inclusione in una società sempre più diversificata – dove il censimento del 2021 ha mostrato circa il 46% di origine cattolica, il 43% protestante/cristiana e popolazioni non religiose in crescita – per un cattolico, questo caso evidenzia una tensione sempre più forte nelle società occidentali: la difficoltà di trasmettere l’eredità cristiana senza essere accusati di proselitismo. Solleva una questione essenziale: è ancora possibile trasmettere la cultura cristiana che ha plasmato l’Irlanda del Nord senza che essa sia considerata inappropriata nell’ambiente scolastico?
Questa decisione, sebbene presentata come una semplice precisazione giuridica, rivela in realtà un movimento più profondo. Da anni, un certo umanesimo laicista, convinto di una ragione pura, cerca di relegare Dio alla sfera strettamente privata. Questa corrente pretende di difendere la neutralità, ma finisce per imporre una visione del mondo in cui ogni trascendenza deve essere cancellata in nome del pluralismo.
Ora, questa presunta neutralità non è altro che un nuovo dogma, ancora più rigido di quelli che pretende di sostituire. Il paradosso è impressionante: si accetta senza difficoltà che le scuole esplicitamente confessionali trasmettano la loro fede, ma si esige che le istituzioni di tradizione cristiana cancellino proprio ciò che ha dato loro coerenza e forza. Con il pretesto dell’uguaglianza, si impone un’uniformità che nega la stessa cultura che ha plasmato l’identità morale, intellettuale e spirituale dell’Irlanda del Nord per secoli.
Come ha osservato un commentatore cattolico, le istituzioni che si basano sulla corrente cristiana principale sono costrette a eliminare ciò che conferisce loro coerenza: il riconoscimento della presenza viva di Dio e dell’eredità di Cristo.
Privando le scuole delle loro convinzioni profonde, i bambini diventano vulnerabili alle ideologie predominanti, sostituendo una forma di influenza con un’altra. In un’epoca ossessionata dall’inclusione e dalla diversità, la decisione sottolinea un’ironia: l’unica visione del mondo sempre più esclusa o vista con sistematico sospetto è quella giudaico-cristiana, che ha fondato i diritti, le tutele della coscienza e il pluralismo ora usati come arma contro di essa.
Mentre l’Irlanda del Nord lotta contro l’attuazione di questa legge, la decisione impone un regolamento di conti. Le società desiderano preservare la fede come patrimonio pubblico legittimo o relegarla all’opinione privata, tollerata ma mai celebrata come fonte della loro storia?
Per i credenti, questa non è una mera tecnicità legale, ma un passo verso una progressiva espulsione del cristianesimo dallo spazio pubblico, dove i cristiani dovranno presto scusarsi per la fede che invece lo ha edificato. Il Dipartimento dell’Istruzione ha promesso di rivedere la “sentenza complessa” e di consigliare le scuole, ma le ripercussioni avranno un’eco molto più lunga di qualsiasi circolare amministrativa.
Con informazioni da Tribune Chrétienne





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