Leone XIV esorta i sacerdoti alla fedeltà che genera futuro
La lettera apostolica “Una fedeltà che genera futuro” celebra due decreti conciliari sul sacerdozio

Foto: Michel Grolet /Unplash
Redazione (23/12/2025 15:01, Gaudium Press) Papa Leone XIV — con firma dell’8 dicembre scorso, giorno dell’Immacolata Concezione — ha pubblicato ieri la Lettera Apostolica “Una fedeltà che genera futuro”, che commemora il 60° anniversario di due decreti del Concilio Vaticano II, il decreto Optatam totius, sulla formazione sacerdotale, pubblicato il 28 ottobre 1965, e il decreto Presbyterorum Ordinis, sul ministero e la vita dei presbiteri, datato 7 dicembre dello stesso anno, documenti che hanno costituito un punto di riferimento per la vita dei sacerdoti.
La fedeltà dei sacerdoti che genera futuro
Il Pontefice introduce la sua riflessione con una profonda consapevolezza: «Una fedeltà che genera futuro è ciò a cui i presbiteri sono chiamati anche oggi, nella consapevolezza che perseverare nella missione apostolica ci offre la possibilità di interrogarci sul futuro del ministero e di aiutare gli altri a percepire la gioia della vocazione presbiterale».
Il Papa sottolinea con forza che «non celebriamo un anniversario sulla carta», poiché entrambi i documenti «si fondano solidamente sulla comprensione della Chiesa come Popolo di Dio pellegrino nella storia e costituiscono una pietra miliare fondamentale della riflessione sulla natura e la missione del ministero pastorale e sulla preparazione ad esso, conservando nel tempo grande freschezza e attualità».
Leone XIV invita a continuare la lettura di questi testi nelle comunità cristiane e il loro studio nei seminari, ricordando il monito del Concilio secondo cui «l’auspicato rinnovamento di tutta la Chiesa dipende in gran parte dal ministero dei sacerdoti, animato dallo spirito di Cristo».
Formazione integrale e permanente
La lettera sottolinea con particolare enfasi la necessità di una formazione integrale che assicuri la crescita e la maturità umana dei candidati al presbiterato. Il Santo Padre riconosce con umiltà che «la crisi di fiducia nella Chiesa provocata dagli abusi commessi da membri del clero – che ci riempiono di vergogna e ci chiamano all’umiltà – ci ha reso ancora più consapevoli dell’urgenza di una formazione integrale che assicuri la crescita e la maturità umana dei candidati al presbiterato, insieme a una vita spirituale ricca e solida».
Il Papa sottolinea che «tutti i sacerdoti sono chiamati a curare sempre la propria formazione, per mantenere vivo il dono di Dio ricevuto con il sacramento dell’Ordine (cfr. 2 Tm 1,6)». La fedeltà alla vocazione, quindi, «non è immobilismo né chiusura, ma un cammino di conversione quotidiana che conferma e fa maturare la vocazione ricevuta».
Con parole dirette ai seminaristi, il Pontefice li avverte: «Non c’è nulla in voi che debba essere scartato, ma tutto deve essere assunto e trasfigurato nella logica del chicco di grano, al fine di diventare persone e sacerdoti felici, “ponti” e non ostacoli all’incontro con Cristo per tutti coloro che si avvicinano a voi». Solo così, afferma, i presbiteri e i consacrati potranno assumere l’impegno del celibato e annunciare il Risorto.
La fraternità presbiterale come dono e compito
Leone XIV dedica una sezione significativa alla fraternità presbiterale, presentandola come elemento costitutivo dell’identità dei ministri. Il Papa spiega che «la fraternità presbiterale, quindi, prima di essere un compito da svolgere, è un dono inerente alla grazia dell’Ordinazione». Questo dono, sottolinea, «ci precede: non si costruisce solo con la buona volontà e in virtù di uno sforzo collettivo, ma è un dono della Grazia, che ci rende partecipi del ministero del vescovo e si realizza nella comunione con lui e con i fratelli».
Il Santo Padre non nasconde le sfide attuali: «In molti contesti, specialmente in quelli occidentali, si aprono nuove sfide per la vita dei presbiteri, legate all’attuale mobilità e alla frammentazione del tessuto sociale. Ciò fa sì che i sacerdoti non siano più inseriti in un contesto coeso e credente che in passato sosteneva il loro ministero.
Di conseguenza, sono più esposti alle derive della solitudine, che spegne l’impulso apostolico e può provocare un triste ripiegamento su se stessi».
In un appello commovente, il Pontefice chiede: «Come potremmo noi, ministri, essere costruttori di comunità vive, se non regnasse prima di tutto tra noi una fraternità efficace e sincera?». Propone quindi di «promuovere forme possibili di vita comune, in modo che “i presbiteri trovino reciproco aiuto nella coltivazione della vita spirituale e intellettuale, possano cooperare meglio nel ministero e si liberino dai pericoli che possono derivare dalla solitudine”».
La sinodalità come orizzonte ministeriale
In un punto che definisce particolarmente caro al suo cuore, Leone XIV affronta la dimensione sinodale del ministero presbiterale. Il Papa invita «ad aprire in qualche modo il proprio cuore e a partecipare a questi processi che stiamo vivendo».
Il Papa sottolinea che «per attuare sempre meglio un’ecclesiologia di comunione, è necessario che il ministero del sacerdote superi il modello di una leadership esclusiva, che determina la centralizzazione della vita pastorale e l’onere di tutte le responsabilità affidate solo a lui, tendendo verso una conduzione sempre più collegiale, nella cooperazione tra sacerdoti, diaconi e tutto il Popolo di Dio».
Identità sacerdotale e missione
La lettera apostolica sottolinea che «l’identità dei sacerdoti si costituisce attorno al loro essere per ed è inseparabile dalla loro missione», spiegando al contempo che chi «cerca di trovare l’identità sacerdotale indagando introspettivamente nella propria interiorità forse non troverà altro che segnali che dicono “uscita”: esci da te stesso, esci alla ricerca di Dio nell’adorazione, esci e dai al tuo popolo ciò che ti è stato affidato, e il tuo popolo si prenderà cura di farti sentire e gustare chi sei, come ti chiami, qual è la tua identità e ti farà godere del cento per uno che il Signore ha promesso ai suoi servi».
Il Santo Padre mette in guardia da due tentazioni contemporanee. La prima è quella di una mentalità «efficientista», secondo la quale il valore di ciascuno è misurato da ciò che realizza, e all’altro polo, una sorta di quietismo in cui la persona si rifugia in se stessa, spaventata dal contesto e rifiuta la sfida dell’evangelizzazione, assumendo «un approccio pigro e disfattista».
La via d’uscita, insegna il Papa, sta nel mantenere vivo il fuoco della carità pastorale, perché «ogni sacerdote può trovare l’equilibrio nella vita quotidiana e saper discernere ciò che è benefico e ciò che è proprio del ministero, secondo le indicazioni della Chiesa».
Conversione missionaria e futuro vocazionale
Il Santo Padre conclude con un appello urgente: è necessario che sacerdoti e laici «realizzino una vera conversione missionaria che orienti le comunità cristiane, sotto la guida dei loro pastori, “al servizio della missione che i fedeli svolgono nella società, nella vita familiare e lavorativa”».
Esprimendo il desiderio che questo anniversario dei due decreti conciliari si traduca in «una rinnovata Pentecoste vocazionale nella Chiesa, suscitando sante, numerose e perseveranti vocazioni al sacerdozio ministeriale», affinché non manchino gli operai della messe di Cristo. Il Papa avverte che «la scarsità di vocazioni al sacerdozio – specialmente in alcune regioni del mondo – esige che tutti noi rivediamo la capacità generativa delle pratiche pastorali della Chiesa».
Con certezza pastorale, il Pontefice dichiara: «Con la certezza che il Signore non smette mai di chiamare (cfr. Gv 11,28), è necessario tenere sempre presente la prospettiva vocazionale in tutti gli ambiti pastorali, in particolare in quelli giovanili e familiari». E aggiunge con forza: «Ricordiamolo: non c’è futuro senza la cura di tutte le vocazioni!».
La lettera si conclude affidando «tutti i seminaristi, i diaconi e i presbiteri all’intercessione della Vergine Immacolata, Madre del Buon Consiglio, e a San Giovanni Maria Vianney, patrono dei parroci e modello di tutti i sacerdoti. Come diceva il santo Curato d’Ars: “Il sacerdozio è l’amore del cuore di Gesù”». [30] Un amore così forte da dissipare le nuvole della routine, dello scoraggiamento e della solitudine, un amore totale che ci viene dato in pienezza nell’Eucaristia. Amore eucaristico, amore sacerdotale».




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