Leone XIV, ovvero come condurre la barca di Pietro in un mondo di tensione e ansia
L’unità e la pace si trovano in Cristo, così si potrebbe riassumere il suo “programma di governo”.
Redazione (15/06/2025 14:52, Gaudium Press) Il mondo si trova in una situazione di trepidante attesa di nuovi sconvolgimenti, come sarà stata quella del Titanic dopo aver colpito l’iceberg, e questo è ciò che molti provano. Anche se non si è esperti di politica internazionale o geopolitica, chiunque sia mediamente informato intuisce il pericolo globale di ciò che sta accadendo in Medio Oriente, una miccia che si aggiunge alle già “vecchie” tensioni in Ucraina, Gaza, alle crescenti minacce della Cina a Taiwan e ai paesi vicini, allo scontro con gli Stati Uniti, e ora alla situazione stessa negli Stati Uniti, dove alle proteste in California si aggiunge lo stress nazionale per i recenti attentati contro i legislatori.
Questo mondo è come un campo da calcio dove si accumulano già diversi incendi violenti e di grande portata, ma che il passante percepisce anche come disseminato di mine, posizionate chissà dove, ma ovunque, che di tanto in tanto vengono calpestate ed esplodono, provocando ancora più incendi, più agitazione.
In questo clima, ieri, dalla Basilica di San Pietro, dopo aver espresso la sua preoccupazione per gli attacchi tra Israele e Iran, Papa Leone ha lanciato «un appello alla responsabilità e alla ragione», a favore di «un incontro rispettoso e un dialogo sincero per costruire una pace duratura, fondata sulla giustizia, la fraternità e il bene comune».
Tuttavia, forse il messaggio più importante che Leone XIV sta inviando è quello della sua persona e del suo stile di governo nella Chiesa.
Da alcune sponde del territorio di Pietro, dopo un certo “tempo di grazia” seguito al conclave, si comincia a sentire una certa impazienza, il desiderio che Papa Prevost faccia già questo, corregga quell’altro, chiarisca quell’altro ancora, risolva definitivamente quest’altro. Ma anche questi desideri (che a volte sono più che legittimi), dai quali a volte, ripeto, si percepisce una veemenza non ben dissimulata, finiscono per scontrarsi con la sua figura, quella di una persona serena, che parla della ricerca della santità, dell’importanza dell’esempio e della coerenza di vita, e alla fine della necessità di radicarsi in Cristo, nostro principio di unità e di pace. Alla fine Cristo è il Re di tutto.
Ad esempio, nell’udienza giubilare di ieri, in cui ha esaltato la figura di Sant’Ireneo di Lione, Papa Francesco ha sottolineato che questo Padre dei primi tempi «non si è lasciato scoraggiare dalle divisioni dottrinali che ha trovato all’interno della comunità cristiana, dai conflitti interni e dalle persecuzioni esterne».
«Al contrario, in un mondo frammentato ha imparato a pensare meglio, concentrando sempre più la sua attenzione su Gesù. [Sant’Ireneo] È diventato un cantore della sua persona, anche della sua carne. Ha riconosciuto, infatti, che in Lui ciò che ci sembra opposto si ricompone in unità. Gesù non è un muro che separa, ma una porta che unisce. Dobbiamo rimanere in Lui e distinguere le realtà dalle ideologie».
Questi pensieri potrebbero quasi riassumere ciò che ha delineato e che sarà il suo «programma di governo», se così possiamo chiamarlo, che è piuttosto quello che il pastore vuole sviluppare nel gregge di Pietro: unità in Cristo, con Cristo, e offrire Cristo al mondo, come vera speranza di pace.
Nel frattempo abbiamo detto che il messaggio più importante che crediamo Leone stia inviando è quello della sua persona, perché in lui si percepisce l’autenticità di ciò che predica: quando propugna la pace, parla di qualcosa che la gente capisce che lui vive; quando invita a cercare l’altro partendo dalla comprensione dell’altro, si sente che è qualcosa che lui fa. Quando parla di radicarsi in Cristo, si percepisce che è qualcosa che lui pratica e che il Signore è veramente il centro della sua vita.
Il messaggio più importante del Pontefice è il Pontefice stesso, e questo aumenta l’autorità della sua voce, anche a livello internazionale e civile.
In un momento in cui l’umanità percepisce i leader mondiali come persone mezzo infuriate, o mezzo pazze, che perseguono solo i propri obiettivi senza misurare i “danni collaterali”, credo che il dono che Dio ha fatto al mondo nella persona di Leone XIV non sia piccolo, ma gigantesco.
Ringraziamo Dio per questo e chiediamo a Dio, attraverso sua Madre, di proteggerlo, di illuminarlo nella sua missione sia all’interno della Chiesa che a livello globale, e di far sì che la sua voce abbia una risonanza crescente, prima nella Chiesa, ma anche in questo mondo in subbuglio.
Di Saúl Castiblanco
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