Leone XIV ridefinisce la sinodalità e ristabilisce la centralità dei vescovi
Leone XIV ha fatto riferimento due volte, nello stesso discorso, al termine “Sinodo dei Vescovi” – e non solo al ‘Sinodo’. Questa scelta verbale interrompe la tendenza inaugurata dalla riforma della Curia nel 2022, quando l’allora “Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi” è stata ribattezzata semplicemente “Segreteria Generale del Sinodo”.
Foto: Vatican news
Redazione (02/07/2025 12:09, Gaudium Press) Il 26 giugno, Papa Leone XIV ha incontrato i membri del Consiglio Ordinario della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi, uno dei gesti più emblematici, anche se discreti, dall’inizio del suo pontificato.
L’incontro, ampiamente diffuso dal sito Vatican News, è stato caratterizzato da un discorso breve ma denso di contenuti e significati. In poche parole, Leone XIV ha dato una svolta concettuale al recente percorso della sinodalità nella Chiesa. Ma non solo: ha conferito al termine un solido fondamento ecclesiologico, restituendo il ruolo ai vescovi e dando una definizione chiara di ciò che fino ad allora era stato vagamente definito processo o cammino.
«Sono felice di cogliere questa opportunità per condividere un’idea che ritengo centrale, e poi ascoltare voi», ha detto il Papa ai membri dell’organismo sinodale. Il Pontefice, che ha voluto visitare la cappella della sede dell’organismo vaticano, ha poi affermato: «Papa Francesco ha dato un nuovo impulso al Sinodo dei Vescovi, ispirato da Papa San Paolo VI. E l’eredità che ci ha lasciato mi sembra essere, soprattutto, questa: che la sinodalità è uno stile, un atteggiamento che ci aiuta ad essere Chiesa, promuovendo esperienze autentiche di partecipazione e comunione”.
Il riferimento a Francesco è stato cortese, ma è servito da preambolo a una svolta: a differenza del suo predecessore, Leone ha dato una definizione più oggettiva al concetto che per anni è rimasto volutamente ambiguo.
L’analista di lungo corso Philip Lawler, in un articolo pubblicato sul portale Catholic Culture, ha osservato con acutezza che Leone XIV ha fatto riferimento due volte, nello stesso discorso, al termine «Sinodo dei Vescovi» – e non solo al «Sinodo». Questa scelta verbale interrompe la tendenza inaugurata dalla riforma della Curia nel 2022, quando l’allora «Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi» è stata ribattezzata semplicemente «Segreteria Generale del Sinodo». Il cambiamento sembrava indicare un’apertura al protagonismo dei laici, che sono entrati a far parte delle assemblee sinodali con diritto di voto. Tuttavia, l’insistenza di Leone nel recuperare la formula completa è stata ripetuta da tutti i canali ufficiali del Vaticano e anche dagli osservatori più attenti: il riferimento esplicito ai vescovi è tornato nel lessico ufficiale.
Il discorso di Leone XIV, quindi, ha fatto ciò che Francesco – pur essendo l’artefice del processo sinodale contemporaneo – ha evitato di fare: dare una definizione categorica di sinodalità. Fino ad allora, né la Commissione Teologica Internazionale né la stessa Segreteria del Sinodo avevano prodotto una formulazione definitiva, forse per timore di limitare la fluidità che era stata promossa come virtù. Leone, con la sua rigorosa formazione in Diritto Canonico e con una tesi proprio sul ruolo dell’autorità nella vita consacrata, ha deciso di prendere la strada opposta: dare chiarezza, ripristinare la forma e restituire sicurezza ai fedeli.
Come ha sottolineato Lawler, il linguaggio preciso del nuovo Papa non deve essere letto come casuale. «Non è stato un caso», ha scritto il giornalista americano, «che il nuovo Pontefice abbia parlato due volte del Sinodo dei Vescovi. L’inclusione dei laici nel processo sinodale può essere stata sottolineata negli ultimi anni, ma Papa Leone sta sottolineando che i vescovi rimangono i principali responsabili del governo e della dottrina della Chiesa”. Infatti, lo stesso Leone ha sottolineato nel suo discorso che la sinodalità deve promuovere la comunione, ma sempre in armonia con il ruolo del Collegio Episcopale e del Successore di Pietro.
Il gesto di fare visita alla Segreteria e parlare ai suoi membri assume ancora più peso se si considera che il Papa lo ha fatto all’inizio del suo pontificato. La scelta del momento e del linguaggio indica una chiara intenzione di riorientare il corso del processo sinodale. La sinodalità, sotto Leone, non è abolita, ma non è più un’idea aperta. È ora uno stile subordinato alla comunione gerarchica, non un esperimento sociologico ecclesiale.
L’effetto di questo discorso è duplice: da un lato, mitiga le preoccupazioni di molti fedeli che temevano un’erosione dell’autorità episcopale; dall’altro, conferisce al processo sinodale una cornice più chiara e funzionale. Il Papa ha lasciato implicito, ma non per questo meno forte, che la sinodalità deve essere strumento di unità, non di ambiguità. In questo modo, ribadisce che il governo della Chiesa rimane nei solchi della tradizione cattolica, con i vescovi in comunione con il Papa, che esercitano la loro missione di insegnare, santificare e governare.
Per quanti sanno leggere, il messaggio è chiaro: Leone XIV non intende cancellare le orme del suo predecessore, ma non esiterà a riposizionarle laddove necessario. Con la sua solida formazione canonica e la sua chiara visione dell’autorità, difficilmente cederà alla tentazione del livellamento della gerarchia della Chiesa. Al contrario, con lui, la sinodalità promette di trovare il suo asse: non una democrazia ecclesiale, ma una partecipazione ordinata sotto l’autorità di coloro ai quali Cristo ha affidato la missione di pascere il suo gregge.
Di Rafael Tavares
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