«Lo voglio, sii purificato!». E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato
14 FEBBRAIO 2021
VI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO B
San Valentino, Martire
Mc 1,40-45
In quel tempo, venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato. E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro». Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.
Commento:
Il misterioso rispetto di Gesù per la libertà umana ci mette a confronto con la nostra coscienza: obbediamo sempre ai comandi di Dio?
***
Gesù che ebbe il potere di guarire la lebbra, non volle impedire, invece, con un comando assoluto della sua volontà, la disobbedienza del lebbroso. Eccoci davanti al misterioso rispetto divino verso la nostra libertà.
L’uomo è nel concetto filosofico di Aristotele un animale razionale. Ed è proprio così. Agli elementi corporei, sensitivi e passionali – comuni alle bestie – Dio ha aggiunto la luce dell’intelligenza e la forza della volontà, affinché il genere umano fosse un “microcosmo”, cioè, il riassunto di tutta la creazione materiale e spirituale.
Ma ciò che contraddistingue i figli di Adamo dagli altri animali è proprio quella scintilla divina che è il libero arbitrio, la famosa libertà. Facendone uso, l’uomo può determinare se stesso, quando al contrario i bruti sono determinati dall’istinto naturale. Questa grandiosa qualità è però un’arma a doppio taglio. Un essere razionale può raggiungere altissimi livelli di somiglianza con Dio, ma, d’altra parte, si può trovare agli antipodi della Verità facendo un cattivo uso della sua facoltà di scegliere.
Sant’Agostino diceva, infatti, che Dio preferisce la nostra libertà alla nostra salvezza. Il principio è chiaro ed evidente, ma suona ostico alle nostre orecchie, anche se è in perfetta coerenza con il disegno di amore per il genere umano del Creatore. Se non fossimo dotati di libero arbitrio, come faremmo ad amare? Sarebbe impossibile. Dunque la libertà è legata alla capacità di amare, e quest’ultima è senz’altro il dono più mirabile che esista giacché Dio è amore.
Esiste però il rischio di amare in modo sbagliato. A volte l’uomo antepone e preferisce l’amore ai propri criteri ed alle altre creature, invece che al Creatore. Ed è questo tipo di atteggiamento che chiamiamo peccato.
Il lebbroso di oggi fu guarito dalla lebbra, ma non dal cattivo uso della facoltà di amare. Preferì infatti il suo criterio a quello del Signore causando danni non piccoli allo svolgimento del Suo apostolato.
Come siamo noi? Ci rendiamo conto della grandezza della nostra libertà? La usiamo con la sapienza e la prudenza necessarie? O spesso preferiamo noi stessi o le creature all’amore del Signore? A che serve all’uomo essere guarito dalla malattia se non è guarito dal cattivo uso della libertà? Chiediamo al Signore il dono di amare sempre Lui sopra ogni cosa e, in vista di Lui, le altre cose.
lascia il tuo commento