Mistero sul rilascio e incarcerazione di Mons. Alvarez
Perché al prelato non è stato chiesto, mentre era ancora in carcere, se avrebbe accettato le condizioni del suo rilascio?
Redazione (13/07/2023 16:37, Gaudium Press) Quello che è successo al vescovo di Matagalpa, monsignor Rolando Álvarez, il 3, 4 e 5 luglio, quando è stato prelevato dal carcere di Modelo – che a causa del caldo soffocante è chiamato Infiernillo – e poi riportato lì in un modo che ha il sapore dell’occulto, ha elementi di mistero, di quelli che alimentano le teorie del complotto.
Anche se non confermato né dalla dittatura né dalla Chiesa, è emerso che il vescovo è stato prelevato dal carcere, ma visto il suo rifiuto nell’accettare l’esilio e la sua dichiarazione che avrebbe accettato solo la libertà incondizionata, è stato riportato nel suo inferno qui sulla terra.
Ora, dopo che il polverone si è posato, cominciano a sorgere le domande e i dubbi:
perché non è stato chiesto al prelato, mentre era ancora in prigione, se avrebbe accettato le condizioni per il suo rilascio?
Inoltre, se quello che volevano offrirgli era la liberazione con l’esilio, la dittatura sapeva che a febbraio aveva già rifiutato questa opzione sulla scaletta dell’aereo che lo avrebbe portato negli Stati Uniti, e che probabilmente l’avrebbe rifiutata di nuovo, come in effetti è accaduto.
Sorge quindi un’altra domanda: il vescovo è stato rilasciato per sollecitare la sua partenza, una partenza che già si sapeva non avrebbe accettato? È stato spinto a farlo solo dalla dittatura di Ortega o anche dalla Chiesa? La segretezza con cui è stata gestita la vicenda autorizza a porsi queste domande.
Ora, il sempre ben informato Il Sismografo aggiunge ulteriore pepe alla vicenda, e pubblica una nota che parla delle cinque richieste del vescovo di Matagalpa che sono sembrate eccessive alla dittatura, e che hanno portato al fallimento della trattativa avviata intorno alla sua scarcerazione:
– Restare in Nicaragua con il suo gregge
– Restituzione di tutti i suoi diritti di cittadinanza
– Rilascio di tutti i sacerdoti imprigionati
– Scongelamento dei conti bancari della Chiesa.
– Impegno per un vero rispetto della libertà religiosa nel Paese.
La situazione del cardinale Brenes
Un’altra questione sempre più sotto i riflettori è la posizione del cardinale Brenes non solo in relazione alla situazione del vescovo di Matagalpa, ma sulla continua persecuzione della Chiesa da parte della dittatura di Ortega.
È evidente che il cardinale non solo ha evitato ogni confronto diretto, ma quasi ogni allusione ai tanti danni prodotti dall’azione deleteria della dittatura, certamente nella speranza che la diplomazia raggiunga, se non una soluzione, almeno uno status quo che permetta la sopravvivenza e l’esercizio dei compiti essenziali della Chiesa.
Tuttavia, tale posizione diventa molto scomoda e sempre meno comprensibile in relazione a un vescovo e a diversi sacerdoti imprigionati.
In questo senso, Il Sismografo afferma che il cardinale Brenes sapeva “con largo anticipo” delle trattative che si sarebbero svolte in quei giorni con il vescovo e il Vaticano, “perché da tempo era coinvolto con il Vaticano nella fase preparatoria”. Ecco perché il cardinale non ha detto la verità quando i giornalisti gli hanno chiesto notizie su mons. Alvarez”. Il fallimento delle trattative spiegherebbe la sua reazione “irritata e aggressiva” nei confronti dei giornalisti che gli chiedevano notizie sulla vicenda.
Il Sismografo fa notare che il rappresentante vaticano che ha partecipato a queste trattative fallite era un “inviato digitale”. Un inviato digitale, che alcuni indicano come un funzionario della Segreteria di Stato vaticana, il quale però non ha fatto quello che sarebbe stato decisivo per la partenza del vescovo: trasmettere un ordine diretto del Pontefice che indicasse la sua partenza dal Paese, come è avvenuto nel caso di mons. Silvio Báez, ausiliare di Managua oggi in Florida.
In ogni caso, con il ritorno in carcere di mons. Álvarez, la questione non è tornata al punto di partenza, perché è ora più deleteria per il prestigio della dittatura, dal momento che il vescovo è sempre più al centro dell’attenzione a tutti i livelli, e le iniziative che ne chiedono la liberazione, private o statali, si moltiplicano e si rafforzano.
Sembra che non passerà molto tempo per assistere a un nuovo capitolo di questa Via Crucis del Vescovo e della Chiesa nel Paese cattolico centroamericano. (SCM
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