Oltre la morte, verso i cieli
Non c’è pace se non quella che scende dall’alto e non c’è vera speranza se non quella che conduce alla beatitudine eterna.
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Redazione (02/11/2023 15:40, Gaudium Press) Per quanto si possa desiderare di sfuggire all’inesorabile realtà della morte, c’è nell’uomo la profonda certezza di dover morire. Questa convinzione è così profondamente radicata nella natura umana che può essere paragonata all’evidenza dei principi primi o al fatto che due più due fa quattro. In molti cimiteri si può leggere il famoso monito del defunto ai vivi: “Io ero ciò che voi siete, voi sarete ciò che io sono”.
Il mondo contemporaneo, invece, vive non solo come se Dio non esistesse, ma anche come se l’ora della morte non dovesse mai arrivare. Anzi, una delle ragioni per vivere da ateo consiste proprio nella negazione della vita ultraterrena. Se Dio non esiste, allora tutto è permesso e nulla sarà addebitato….
A tal fine, l’uomo cerca di sovvertire lo scopo della sua esistenza, di racchiuderla sotto il mantra degli appetiti, delle ricchezze, degli onori, del “fare ciò che mi piace”… Tuttavia, la vita ci impone sempre delle sfide, delle difficoltà, dei bivi inesorabili, che ci invitano a cambiare comportamento e a riporre la nostra fiducia nel Signore: “L’anima mia riposa in Dio solo, da lui viene la mia speranza” (Sal 61,6). Non c’è pace se non quella che scende dall’alto e non c’è vera speranza se non quella che conduce alla beatitudine eterna.
Ebbene, dove non c’è speranza, c’è letteralmente disperazione, proprio perché l’uomo, quando si rende conto della sua contingenza di fronte all’impossibile – cioè la felicità su questa terra – finisce per ribellarsi all’ordine delle cose e a se stesso. In effetti, nella storia dell’umanità non ci sono mai stati tanti disturbi psicologici come oggi….
Paradossalmente, l’epoca in cui si evita maggiormente la morte è anche quella in cui si registra il maggior numero di omicidi, aborti e suicidi. Del resto, il secolo scorso è stato quello che ha fatto più vittime nelle guerre. Se l’esistenza terrena non ha più molto significato, cosa possiamo dire della vita eterna?
Esistono concezioni più stoiche, come quella secondo cui la vita è solo un passaggio e la morte è un viaggio senza ritorno. Tuttavia, queste posizioni sono incomplete.
Come commentano alcuni autori di spiritualità, la vita virtuosa su questa terra è già un inizio del Cielo, cioè è separata dalla beatitudine solo da un interstizio, la morte. Poco dopo inizia un nuovo viaggio, ma non prima di aver attraversato una “dogana” chiamata giudizio particolare. Qui viene registrato il passaporto del viaggio terreno, per vedere se il viaggiatore è idoneo a intraprendere il più straordinario di tutti gli itinerari: quello che gli permette di visitare la pulchritudine di Dio stesso. Ma se il visto gli viene negato, non gli resta che esplorare gli abissi eterni….
Tutto sembrerebbe finito. Tuttavia, anche se nella gloria, l’anima rimane in uno stato di sofferenza, desiderosa di riconquistare il corpo di cui è una forma. E questo accadrà effettivamente alla resurrezione finale e al Giudizio Universale, quando Nostro Signore tornerà per giudicare i vivi e i morti. I buoni saranno allora assunti in un luogo “al di sopra di tutti i cieli” (Efesini 4:10), il Paradiso Empireo, dove vivranno per sempre con Cristo, nella Sua gloria.
(Testo estratto, con piccoli adattamenti, dalla Revista Arautos do Evangelho n. 263, novembre 2023. Editoriale).
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