Perché è un evento storico la preghiera congiunta di Papa Leone XIV e Re Carlo III
La preghiera, più che le parole, rappresenta un linguaggio universale che riconcilia ciò che la storia ha distrutto. Ha il potere di trasformare i cuori

Foto: Vatican News/ Facebook
Redazione (26/10/2025 14:31, Gaudium Press) Ci sono alcune situazioni che, a prima vista, sembrano limitarsi a semplici gesti protocollari, atti di cortesia da parte di statisti o leader religiosi. Ma ci sono anche eventi – preceduti da secoli di storia, ferite antiche e speranze sopite – in grado di sospendere il tempo, creando un momento di riconciliazione. L’incontro tra Papa Leone XIV e Re Carlo III rientra in questa seconda categoria.
Per la prima volta dalla Riforma, un monarca britannico si è unito in preghiera al successore di Pietro: un gesto semplice e breve, ma dal significato simbolico incalcolabile. Più di quattro secoli fa, l’Inghilterra si era allontanata da Roma, e il ricordo di un profondo scisma, intriso di sangue e potere, ha lasciato il segno in generazioni di cattolici perseguitati e di protestanti convinti della loro separazione. Ora, nella luce discreta di una cappella vaticana, una nuova immagine si imprime nella memoria cristiana: il Re e il Papa, insieme, che pregano per il Creato e per l’unità dei cristiani.
Questa notizia, pubblicata da Gaudium Press, non si limita a descrivere una visita di Stato, è un segno, quasi profetico, che il tempo delle distanze comincia a lasciare spazio a quello del ricongiungimento. Come sottolineato in un precedente articolo, la visita dei monarchi britannici in Vaticano avviene in un contesto di “rinascita del cattolicesimo nel Regno Unito”, il che conferisce all’evento una connotazione spirituale più profonda rispetto a quella diplomatica.
L’incontro, quindi, non è stato un semplice rispetto dell’agenda, ma l’espressione di una nuova sensibilità che comincia a emergere in terre un tempo segnate dalla reciproca diffidenza. Se in passato il trono inglese rappresentava il simbolo più visibile della divisione, ora sembra muoversi, anche se timidamente, verso Roma.
Il fatto che la preghiera congiunta abbia avuto come tema centrale l’ecologia potrebbe, a prima vista, sembrare di secondaria importanza rispetto al peso storico dell’incontro. Tuttavia, è proprio in questo dettaglio che risiede la saggezza del gesto. La cura del creato, tema caro a Papa Leone XIV, radicato nel magistero ecologico dei suoi predecessori, è diventata il terreno neutrale dove entrambi hanno potuto incontrarsi.
In un contesto di polarizzazioni dottrinali e tensioni teologiche, l’ecologia si presenta come un punto di convergenza, dove diverse confessioni possono condividere un linguaggio comune di responsabilità nei confronti del Creatore. Re Carlo, noto da decenni per il suo impegno ambientale, e Papa Leone XIV, la cui visione spirituale della creazione recupera il senso teologico della natura come riflesso della gloria divina, hanno trovato in questo tema l’asse portante per una preghiera congiunta. Non si tratta ovviamente di unità di fede né di comunione sacramentale, ma di un passo significativo – forse l’unico possibile in questo momento storico – verso la riconciliazione tra fratelli separati.
C’è, in questo gesto, una forte carica liturgica simbolica. Dopo secoli in cui le preghiere di Londra e Roma si levavano come voci distinte, segnate da un’eco di distanza, ora risuonano unite dallo stesso appello: quello di preservare la casa comune e riscoprire, sotto lo stesso cielo, la filiazione allo stesso Dio. È come se la preghiera, più delle parole, servisse da linguaggio universale in grado di restaurare ciò che la storia ha distrutto. Il re e il papa, davanti all’altare, hanno rappresentato più delle loro istituzioni: due tradizioni di fede che, sebbene separate, condividono ancora la stessa origine apostolica.
L’incontro è anche espressione di un fenomeno più ampio: la rinascita del cattolicesimo britannico. Negli ultimi anni, l’Inghilterra ha assistito a un discreto e costante ritorno di giovani e intellettuali nel seno della Chiesa cattolica. In una società sempre più secolarizzata, il cattolicesimo riemerge come rifugio spirituale e fonte di significato. È in questo contesto che il gesto del Re acquista risonanza. Sebbene non cambi lo status della Chiesa d’Inghilterra – né potrebbe farlo –, il suo gesto trasmette un messaggio di apertura, un invito a riscoprire le radici spirituali della cristianità europea. Il monarca, sebbene istituzionalmente limitato, diventa strumento di un possibile dialogo. La sua preghiera con il Papa, quindi, trascende il gesto personale e diventa un simbolo nazionale.
In Vaticano, la liturgia comune si è concentrata su passaggi biblici che celebrano la creazione e il dovere umano di proteggerla. Non ci sono state dichiarazioni congiunte di natura dottrinale, né potevano esserci. Il fulcro dell’incontro è stata la preghiera: silenziosa, riverente, intensa. In tempi di parole vuote, forse la preghiera è il gesto più eloquente. Leone XIV, fedele al suo stile sereno e contemplativo, ha sottolineato che «chi prega davanti al Creatore riconosce la propria piccolezza e la fratellanza di ogni creatura». Questa frase sintetizza l’essenza dell’incontro: pregare insieme non cancella le differenze, ma sospende, per un istante, le distanze.
La storia delle relazioni tra Roma e Londra è segnata da progressi e battute d’arresto, speranze e delusioni. Dall’incontro tra Paolo VI e l’arcivescovo Ramsey nel 1966, seguito dai dialoghi teologici e dalle visite di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI nel Regno Unito, si è lentamente costruito un percorso di avvicinamento. Tuttavia, nessuno di questi episodi aveva ancora riunito il Papa e il Re – il successore di Pietro e l’erede di Enrico VIII – in un atto congiunto di preghiera. Per questo motivo, l’evento ha assunto una dimensione storica. Per la prima volta, il massimo simbolo della monarchia inglese si inginocchia, in comunione spirituale, con il Vescovo di Roma. È come se una ferita di centinaia di anni si lasciasse, per un breve momento, toccare dalla grazia.
C’è, tuttavia, chi guarda con cautela a tale gesto. Alcuni analisti avvertono che l’uso dell’ecologia come ponte può ridurre il dialogo cristiano a una causa sociale, diluendo la dimensione soprannaturale della fede. In effetti, questo rischio esiste. L’ecologia, quando scollegata dal suo fondamento teologico, può trasformarsi in ideologia verde, priva di trascendenza. Tuttavia, ciò che si è visto in Vaticano sembra aver evitato questa trappola. Il tema ambientale è stato trattato come espressione della teologia della creazione, un elogio al Creatore e un riconoscimento dell’uomo come custode del dono ricevuto. In questa ottica, l’incontro è stato genuinamente spirituale, non politico.
Re Carlo, dal canto suo, porta nel suo percorso personale una curiosa sensibilità religiosa. In diverse occasioni ha manifestato ammirazione per la tradizione cattolica, per il suo senso della bellezza liturgica e della continuità storica. Pur rimanendo saldamente all’interno della Chiesa d’Inghilterra, il monarca si è mostrato aperto a una visione più universale del cristianesimo. La sua preghiera al fianco di Papa Leone XIV riflette questa apertura e, forse, un intimo desiderio di riconciliazione tra i rami dello stesso albero spirituale. Non è una conversione, ma è un gesto che la prefigura.
Da parte cattolica, Leone XIV si è distinto per una diplomazia fatta di gesti simbolici. Il suo pontificato, ancora recente, è segnato dal tentativo di ripristinare l’equilibrio tra la fedeltà dottrinale e la sensibilità pastorale. Nel ricevere i monarchi britannici, il Papa non ha cercato una ribalta politica, ma ha offerto ospitalità spirituale. La preghiera congiunta è stata il suo modo per dire che la Chiesa continua ad essere la casa di tutti i battezzati, anche di coloro che, per circostanze storiche, si sono allontanati dalla sua comunione visibile. Scegliendo il tema dell’ecologia, il Papa ha voluto parlare non di politica, ma di creazione; non di accordi, ma di conversione; non di tolleranza, ma di fraternità nella fede.
Non si possono, ovviamente, ignorare le differenze teologiche ed ecclesiologiche che permangono. Sono reali e richiedono decenni di dialogo e grazia per essere superate. Tuttavia, qualcosa sta già cominciando a cambiare: lo sguardo. Per molto tempo, Roma e Londra si sono guardate con diffidenza. Ora stanno imparando a riconoscersi come parti di una stessa cristianità ferita. Questo cambiamento di prospettiva rappresenta il primo passo verso qualsiasi riconciliazione. La preghiera, più dei documenti e delle dichiarazioni, ha il potere di trasformare i cuori.
Il futuro rivelerà la portata di questo gesto; forse è solo una scintilla simbolica, un presagio di qualcosa di più grande. Ma la storia della Chiesa insegna che le grandi riconciliazioni sono iniziate con piccoli segni.
Di Rafael Tavares





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