«Perché questa generazione chiede un segno? In verità io vi dico: a questa generazione non sarà dato alcun segno»
15 FEBBRAIO 2021
LUNEDÌ DELLA VI SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO DISPARI)
Santi Faustino e Giovita, Martiri
Mc 8,11-13
In quel tempo, vennero i farisei e si misero a discutere con Gesù, chiedendogli un segno dal cielo, per metterlo alla prova.
Ma egli sospirò profondamente e disse: «Perché questa generazione chiede un segno? In verità io vi dico: a questa generazione non sarà dato alcun segno».
Li lasciò, risalì sulla barca e partì per l’altra riva.
Commento:
Lo scetticismo è un difetto terribile. Il Signore lo tollera poco. E noi? Crediamo?
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La mentalità dell’uomo odierno è figlia della cosiddetta “era dei lumi” la cui premessa era: liberiamoci dai miti e dalle fiabe religiose, credute dalla gente sempliciotta e barbara, e utilizziamo solo la nostra ragione. Forse il padre di tale mentalità, anche se inconsapevole, fu Cartesio. Il suo dubbio universale, esagerato e ingiustificato, fece sì che gli europei, specie quelli del nord del continente, speculassero sempre più in modo “cartesiano”, cioè non ammettendo se non quello che la loro ragione o quella degli specialisti confermava essere vero.
La fede non è stata scartata, ma man mano che passavano i secoli della modernità è stata accantonata come una credenza, scollegata dalla ragione, accessibile soltanto grazie a un dono di Dio sopra-razionale. La fede, intesa in modo così estraneo alla nostra natura razionale, incominciò a spegnersi in tanti spiriti illuminati, cedendo il passo ad un comodo agnosticismo che tutto consente e niente vieta, tranne le convenzioni sociali.
Questo atteggiamento inizialmente elitario ha contagiato, per osmosi, tanti se non tutti. Siamo arrivati al punto che oggi la fede è un qualcosa di soprannaturale molto vago, ammessa come un “optional” tanto più credibile quanto più vantaggioso, cioè, si crede quando gli effetti sono immediatamente benefici per la salute fisica o mentale o per la vita affettiva o per la fortuna nell’ambito lavorativo.
E’ vero che restano ancora delle grandi intelligenze capaci di capire e di trasmettere agli altri l’armonia esistente tra natura umana e vita divina, tra la mente e la fede. Persone così, però, sono sempre più rare, soprattutto quando, in certi ambienti religiosi, fa lo stesso benedire nel nome di Cristo che effondere energie, contribuendo così alla confusione anzicché educare alla fede.
Dopo questa introduzione, possiamo trarre delle semplici conclusioni.
Ci scandalizziamo, e giustamente, dell’incredulità dei farisei. Essi chiedevano un segno dopo essere stati testimoni di tanti prodigi e miracoli, atteggiamento inspiegabile e superbo.
Anche oggi però si chiede in definitiva un segno e si tratta Gesù come gli antichi pagani trattavano i loro idoli, cioè, con la politica del “do ut des”, oppure, “ti prego purché mi ascolti. Ma se non mi ascolti come dico io, tu non esisti o almeno non mi interessi”. Così la Croce, il combattimento spirituale, la sofferenza sopportata con amore, e altre realtà tanto nobili e sublimi della nostra fede, finiscono con l’essere ignorate o rifiutate
Imploriamo, invece, il Signore di donarci la vera fede. Essa, anche se è un dono soprannaturale, è sempre in armonia con la ragione. E basati sulla vera fede, che ci spinge aldilà degli orizzonti di questa terra, mettiamo tutte le nostre speranze in Cielo. Sofferenze, prove, difficoltà, fallimenti e altre disgrazie, quando consentite da Dio, sono doni se li accettiamo con umiltà e fiducia. Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati! Altrimenti siamo credenti opportunisti ed il Signore agirà con noi come fece con i farisei: “li lasciò, risalì sulla barca e partì per l’altra riva”.
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