Sant’Agostino: grande Vescovo di Ippona
Da peccatore a modello di perfezione spirituale, Sant’Agostino abbracciò la Fede cattolica con un fervore e uno zelo fuori dal comune, difendendola e arricchendola con la straordinaria intelligenza concessagli da Dio. La Chiesa celebra la sua memoria il 28 agosto
Redazione (28/08/2024 16:59, Gaudium Press) Padre per eccellenza di tutti i Padri della Chiesa, Dottore della grazia, monaco, pastore, teologo, autore di un’opera monumentale e scrittore di genio, Agostino rimane il simbolo vivente del convertito, che non cessa di influenzare lo spirito e l’immaginazione dell’Europa.
Questo romano d’Africa, di origine berbera, nato nel 354 a Tagaste, nell’attuale Algeria, raggiunse una grande fama per la straordinaria padronanza delle arti liberali e fu considerato dai suoi contemporanei il più illustre nel campo della retorica e il più autorevole tra i filosofi. Sostenitore di Cicerone, il giovane Agostino si recò a Cartagine, poi a Roma e a Milano, allora capitale dell’Impero. Le sue peregrinazioni spirituali lo portarono ad aderire al manicheismo, ma fu l’incontro con il cristianesimo a rivoluzionare la sua vita.
All’età di trentadue anni, su insistenza della madre, santa Monica, e di sant’Ambrogio, e dopo una rivelazione soprannaturale avvenuta nei giardini della sua casa, Agostino chiese di essere battezzato.
La tradizione vuole che, terminata la cerimonia battesimale, Sant’Ambrogio esclamasse: “Te Deum laudamus!” e Sant’Agostino aggiungesse: “Te Dominum confitemur!” E così, alternando le loro frasi, i due avrebbero improvvisato i concetti e le parole che compongono il canto liturgico del “Te Deum”.
Instancabile oppositore dell’eresia
Dopo un breve ritiro a Cassiciaco, Agostino tornò in patria, si fece monaco e si dedicò per tre anni alla preghiera e allo studio.
Nel 391, il vescovo Valerio di Ippona (oggi Annaba) lo chiamò al suo fianco. Agostino gli succedette nel 395, in questa importante sede episcopale. Per questo instancabile predicatore e catechista iniziò un’epoca di grandi controversie: prima contro i Donatisti, che negavano il perdono della Chiesa ai “lapsi” (apostati), e poi contro i Pelagiani, che attribuivano il merito della salvezza esclusivamente all’uomo.
Il Vescovo di Ippona scoprì in sé la vocazione di combattente contro le eresie, capace non solo di collocare le sue riflessioni all’interno dei problemi del suo tempo, ma anche di elaborare una Teologia autentica e perenne. Alla fine della sua vita, durante l’invasione dei Vandali, dovette affrontare un’ultima deviazione dalla Fede: quella di coloro che negavano il dogma cristologico.
La tristezza, compagna alla fine della sua vita
Intorno all’anno 430, i barbari devastarono completamente il Nord Africa. Giunti a Ippona, gli invasori la circondarono e la sottoposero a un duro assedio. Questo evento aggravò la già amara e triste vecchiaia di Sant’Agostino, che soffriva più di chiunque altro, e si nutriva giorno e notte del fiume di lacrime che sgorgavano dai suoi occhi nel vedere alcuni cadere morti e altri fuggire, e nel considerare che le chiese rimanevano prive dei loro sacerdoti, e le terre devastate si trasformavano in deserti.
Mentre gli orrori continuavano, radunò i suoi monaci e disse loro: “Chiedete al Signore di toglierci da questa situazione angosciosa, o di darci la forza di sopportarla, o di togliermi da questa vita e liberarmi dall’assistere a tante calamità”.
Il Signore lo ascoltò e gli concesse la terza di queste petizioni. Mesi dopo l’inizio dell’assedio della città, Sant’Agostino si ammalò. Rendendosi conto che il giorno della sua morte si stava avvicinando, fece scrivere i Sette Salmi Penitenziali su grandi carte e le fece affiggere su una delle pareti della sua cella, in modo da poterle leggere e pregare dal letto su cui giaceva prostrato. Così fu fatto e il Santo, sempre con un’immensa emozione nell’anima, recitava costantemente queste preghiere.
Poco prima di morire, Sant’Agostino pronunciò queste bellissime parole: “Nessuno, per quanto abbia vissuto virtuosamente, dovrebbe lasciare questo mondo senza aver prima confessato i propri peccati e ricevuto l’Eucaristia”.
Fino all’ultimo istante della sua vita, mantenne un perfetto stato delle sue facoltà, delle sue membra e della sua vista, cosicché, con piena lucidità mentale, nel momento supremo, circondato dai suoi monaci che lo assistevano con le loro preghiere, all’età di 77 anni e dopo 40 anni di episcopato, rese il suo spirito a Dio.
Appassionato ricercatore della verità
Faro splendente di saggezza, baluardo dell’ortodossia, fortezza inespugnabile della Fede, distinguendosi per ingegno e scienza tra gli altri dottori della Chiesa, Agostino fu un uomo eminente, sia per l’esempio delle sue virtù sia per la ricchezza della sua dottrina.
L’opera che ha lasciato è immensa. Centotredici trattati, tra cui il“De Trinitate” e “La città di Dio”, che inaugurarono la teologia della Storia; 218 epistole; più di 500 sermoni, dialoghi e commenti biblici; e, infine, un’opera singolare: “le Confessioni”, la prima autobiografia di tutti i tempi.
La sua teologia, fatta di esperienza e decisamente esistenziale, si eleva a pura contemplazione, senza ignorare la psicologia, la storicità o la realtà umana. Dalla folgorante illuminazione della giovinezza fino alla fine della vecchiaia, Sant’Agostino non smise mai di meditare sul dono di Dio all’uomo, che lo rese un appassionato ricercatore della verità.
[1] [1] Cfr.
[1] Cfr. George Daix. Dizionario dei santi; Jacques de Voragine. La leggenda aurea.
lascia il tuo commento