Sant’Alberto Magno, erudito in molte scienze; San Tommaso pregò per incontrarlo
Divenne frate domenicano contro il volere dello zio. Si dedicò allo studio approfondito di molte scienze.

Redazione (15/11/2025 16:48, Gaudium Press) Un giorno, mentre il giovane Alberto si trovava a Padova, fu invitato ad ascoltare un famoso monaco in visita nella regione, di nome Giordano di Sassonia. Alberto studiava all’Università di Padova per perfezionarsi nelle arti liberali e nella filosofia. Allora disse a se stesso: «La fama deve corrispondere all’uomo, quindi andremo a incontrarlo». Inoltre c’era un’altra cosa che lo attirava, ovvero il fatto che il Generale dei Domenicani fosse tedesco, come lui.
Così ci andò, lo ascoltò e rimase affascinato dalla luce che emanava dal Beato Giordano; poi promise a se stesso che sarebbe entrato a far parte della sua stessa milizia. In realtà, l’incontro con il Beato Giordano di Sassonia fu solo una conferma della sua vocazione alla vita religiosa, perché la Vergine gli era già apparsa e lo aveva invitato ad abbandonare il mondo. All’epoca il bavarese Alberto aveva solo 20 anni.
A 26 anni prese i voti. E anche se suo zio, che era il suo tutore, si oppose, la vocazione di Alberto prevalse: la sua era una vocazione da manuale, perfetta per diventare un domenicano: non solo era attratto dalla vita monastica, ma aveva anche un’attitudine senza pari per la dottrina, la teologia, la filosofia e le scienze.
Concluse gli studi di teologia a Bologna e andò a insegnare ai suoi confratelli a Colonia. La sua fama di pensatore e maestro andava crescendo. Approfondì molte scienze: cosmografia, meteorologia, climatologia, fisica, meccanica, architettura, chimica, mineralogia, antropologia, zoologia, botanica e astronomia. La gente cominciò a chiamarlo il Dottore Universale.
Frequentò anche l’Università di Parigi. Trascorse 50 anni della sua vita insegnando.
A lui va il merito di aver introdotto Aristotele nel pensiero cattolico occidentale, dando alla teologia basi molto solide, poiché armonizzò il dogma con la corretta ragione umana. Preparò così il terreno per l’ingresso in scena del grande luminare della teologia cattolica, il dottore universale, San Tommaso d’Aquino.
San Tommaso e Sant’Alberto Magno
Si dice che San Tommaso pregasse per poter conoscere un giorno Sant’Alberto Magno. Un giorno i superiori decisero di allontanare il novizio Tommaso da una famiglia che intralciava troppo la sua vocazione religiosa e lo mandarono a Colonia, dove Sant’Alberto era provinciale. La Provvidenza esaudì così il suo desiderio. Tra i due si strinse una profonda alleanza di scienza e virtù, un’alleanza di santi.
Ma poiché i santi sono contemplativi e umili, ben presto Sant’Alberto riconobbe il primato dell’Aquinate. Così lo racconta uno dei suoi biografi: «Arriva al punto di dimenticare completamente il valore e il merito delle proprie opere quando esalta il Dottore Angelico, come se fosse stato lui a scoprire tutta la verità e a risolvere tutti i problemi».
Si diceva che dopo la morte di San Tommaso, avvenuta in giovane età, Sant’Alberto non riuscisse a pronunciare il suo nome senza commuoversi fino alle lacrime.
Il Papa lo scelse come vescovo di Ratisbona, poiché c’era bisogno di qualcuno del suo calibro per affrontare determinati problemi. Ma dopo aver svolto il suo compito (rimase vescovo solo per due anni), chiese al Papa di poter tornare alla sua vita monastica, cosa che gli fu concessa.
Affrontò con decisione, serenità e anche carità gli eterodossi. Ma non esitò a dipingere gli eretici a tinte forti: «Gli eretici assomigliano alle volpi di Sansone: come questi animali, hanno tutti teste diverse, ma sono legati per la coda, cioè sono sempre uniti quando si tratta di opporsi alla verità», diceva.
Dio lo sottopose a una dura prova finale, affinché potesse arrivare splendente alla sua corte in cielo: due anni prima di morire, perse la memoria.
Si racconta che un giorno, quando era ancora molto giovane, si stancò degli studi che gli costavano fatica e lo opprimevano, e pensò di fuggire dalla scuola. Riflettendo su questo mentre saliva una scala, arrivò alla fine dei gradini quando un’immagine della Vergine prese vita e gli disse: “Alberto, perché invece di scappare dalla scuola, non preghi me che sono la ‘Casa della Sapienza’? Se hai fede e fiducia in me, ti darò una memoria prodigiosa”, disse Nostra Signora. “E affinché tu sappia che sono stata io a concedertela, quando morirai dimenticherai tutto ciò che sapevi”, concluse Nostra Signora.
Morì il 15 novembre 1280 nel convento domenicano di Colonia.





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