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Scandali nel clero ortodosso rumeno

Un prete “star” condannato per abusi. Numerose accuse di corruzione.

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Foto: Jp Valery su Unplash

Redazione (10/01/2024 15:26, Gaudium Press) “Se da una parte piove, dall’altra non schiarisce”… Settimana News riporta il caso del sacerdote della Chiesa ortodossa rumena Visarion Alexa, uno dei più stimati del suo Paese, 43 anni e tre figli,  condannato per abusi sessuali su un suo fedele.

Visarion Alexa è molto presente sui media e talvolta è stato chiamato a esporre la posizione della sua Chiesa su varie questioni, come il Covid.

Dopo la denuncia, la prima reazione da parte di molti è stata di shock e incredulità. Ma nel frattempo un’altra vittima si è fatta avanti e altre cinque hanno denunciato aggressioni simili.

Il problema, però, non riguarda solo gli abusi sessuali, ma anche in modo marcato nel clero ortodosso rumeno, quello che nel linguaggio civile si chiama corruzione e in quello ecclesiastico simonia.

Il sacerdote Petrica Leascu, condannato due anni fa per corruzione, ha deciso di rendere pubbliche le pratiche di corruzione degli uomini di Chiesa.

I generosi finanziamenti statali alla Chiesa sono gestiti essenzialmente dalla Segreteria di Stato per il Culto, attualmente guidata da Ciprian Olinici, consigliere del Patriarca Daniel. Questi fondi non hanno alcun controllo se non quello ecclesiastico.

Petrica Leascu, quando era ancora sacerdote, aveva incontrato il vescovo Teodosio di Tomis, membro del Santo Sinodo, con una videocamera nascosta, per proporgli un prestito di 160.000 euro attraverso la Segreteria di Stato con un “sovrapprezzo” del 20%. Il vescovo accettò e lo inviò a un curiale per stabilirne le modalità.

La corruzione ecclesiastica è legata anche alla politica.

Leascu aveva proposto al Partito Socialdemocratico e poi al Partito Popolare Nazionale nelle province di Neamt e Vrancea di intervenire sugli edifici religiosi. Entrambi i partiti avevano acconsentito a portare la questione all’attenzione del Segretariato, in cambio di una generosa donazione.

Dopo la condanna, padre Leascu era rimasto attivo come sacerdote, ma senza ricevere nessuno stipendio, nessun sostegno finanziario. Aveva quindi chiesto al suo superiore ecclesiastico, l’arciprete, di sostenerlo nella sua richiesta di ottenerlo. Fu effettivamente aiutato, ma con il versamento di 20.000 euro per il vescovo e di 5.000 euro per l’arciprete.

Il giornale Recorder riporta altri casi.

Per riparare il tetto (40.000 euro), un parroco deve pagare 8.000 euro a un leader politico locale perché faccia da mediatore per i suoi interessi nella Segreteria.

Non tutti i sacerdoti ricevono uno stipendio e le parrocchie stipendiate richiedono che l’ecclesiastico interessato sia laureato in teologia o in pedagogia, ma è noto che coloro che non offrono donazioni significative alle autorità religiose e accademiche competenti non superano le prove di concorso.

Questa situazione ha spinto la Cancelleria del Sinodo dei Vescovi a ricordare la censura canonica nei confronti del clero che si dedica a questo tipo di corruzione, e tale provvedimento è scattato lo scorso dicembre. Anche la Direzione nazionale anticorruzione ha aperto un’indagine.

La Chiesa ortodossa in Romania raccoglie l’80% dei suoi 20 milioni di abitanti.

 

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