“Temete colui che, dopo aver ucciso, ha il potere di gettare nella Geènna. Sì, ve lo dico, temete costui”
Venerdì della XXVIII settimana del T. O.
16 ottobre ’20, Sant’Edvige
Lc 12, 1-7
In quel tempo, si erano radunate migliaia di persone, al punto che si calpestavano a vicenda, e Gesù cominciò a dire anzitutto ai suoi discepoli:
«Guardatevi bene dal lievito dei farisei, che è l’ipocrisia. Non c’è nulla di nascosto che non sarà svelato, né di segreto che non sarà conosciuto. Quindi ciò che avrete detto nelle tenebre sarà udito in piena luce, e ciò che avrete detto all’orecchio nelle stanze più interne sarà annunciato dalle terrazze.
Dico a voi, amici miei: non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo e dopo questo non possono fare più nulla. Vi mostrerò invece di chi dovete aver paura: temete colui che, dopo aver ucciso, ha il potere di gettare nella Geènna. Sì, ve lo dico, temete costui.
Cinque passeri non si vendono forse per due soldi? Eppure nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio. Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate paura: valete più di molti passeri!».
COMMENTO
“Temete colui che, dopo aver ucciso, ha il potere di gettare nella Geènna. Sì, ve lo dico, temete costui”. Allora si deve temere Dio? Ma non è Lui il Padre buono? Oggi Gesù ci stupisce con la sua durezza!
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In alcune interpretazioni fasulle del Vangelo – assai apocrife e annacquate – parlare del timore sarebbe quasi un’offesa e un peccato. “Non si può spaventare la gente!”, “non siamo più nel medioevo!”, “finiamola con l’Inquisizione”, gridano allo scandalo i “buonisti”.
Invece, oggi, è il Divino Maestro a contraddirli categoricamente: per ben due volte non solo consiglia ma comanda di temere Dio. Un Dio presentato come Colui che ha il potere di gettare qualcuno nella Geènna, ossia, nell’eterna spazzatura!
Ecco due vocaboli cancellati dal dizionario dei “buonisti” che compaiono nel brano odierno con proprietà e forza: timore e inferno. Tanto dimenticati nei nostri tempi – e gli effetti deleteri si vedono! – tutte e due furono pronunciati dal Signore in molte occasioni con metafore ed espressioni mirate a causare spavento.
E Gesù li usa quando insegna ai discepoli che dovranno proclamare dall’alto dei tetti le verità di fede da Lui rivelate in privato. La buona novella del Vangelo sarebbe stata occasione di parecchie e feroci persecuzioni, come ben dimostra la Storia, e davanti alla morte la debolezza umana avrebbe potuto indietreggiare. Per evitare proprio questo, il Maestro li mette in guarda: “vi mostrerò invece di chi dovete aver paura!” Così, in extremis, il timore di Dio diventa la salvaguardia della perseveranza e della fedeltà fino alla morte.
Esaminiamo le nostre coscienze e domandiamoci se nella nostra vita spirituale ha un posto il vero e sano timore di Dio, che non è patologia, ma sì fede e buon senso. Chiediamoci se nell’educazione dei nostri figli e nella formazione che impartiamo ai giovani, il timore viene spiegato con la veemenza e la proprietà con cui lo insegna Gesù!
Timore che sarà sempre temperato dalla fiducia nella provvidenziale premura con cui Dio si prende cura di noi, poiché “valiamo più di molti passeri!”
La Madonna Santissima, che a Fatima mostrò gli orrori dell’inferno a tre bambini piccoli, ci ispiri sempre il timore di Dio e la paura della condanna eterna, affinché viviamo lontani dal peccato e vicini al Signore.
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