Tra minacce, bombe e povertà, così si forgiò il cuore peruviano di Leone XIV
La sua storia è iniziata tra povertà e minacce. Oggi, anche da Roma, Papa Leone XIV continua ad avere un cuore peruviano.
Foto: Provincia agostiniana del Midwest (USA) Nostra Madre del Buon Consiglio
Redazione (06/06/2025 14:38, Gaudium Press) Ad un mese dall’elezione di Papa Leone XIV, continuano ad emergere racconti che disegnano il volto umano e pastorale del nuovo Pontefice. Un uomo che porta con sé il suo passaggio in Perù, la sua dedizione verso i poveri e la sua testimonianza di fronte alle avversità.
Una delle testimonianze più toccanti è quella di padre John J. Lydon, sacerdote e missionario agostiniano, che ha condiviso con Robert Prevost un decennio di lavoro a Trujillo e che lo conosceva dai tempi dell’università a Villanova.
In un’intervista ad Ayuda a la Iglesia Necesitada, Lydon ha affermato che, come Papa, Leone XIV «ascolterà il grido della Chiesa che soffre». Prevost è sempre stato al fianco di chi soffre, specialmente dal tempo in cui era parroco di Santa Rita a Trujillo.
Lì, ricorda Lydon, non solo era un buon amministratore, ma dimostrava di essere molto concentrato sul servizio al prossimo. La parrocchia era situata in una zona vulnerabile, dove il trattamento indegno dei poveri era all’ordine del giorno. Ma Prevost offriva qualcosa di diverso, un’esperienza diversa, di dignità umana. «I poveri erano sempre maltrattati dalle autorità. Lui, invece, offriva loro dignità», afferma il suo amico.
Questo impegno sociale ha radici profonde, e non sorprende che il Papa abbia scelto il nome di Leone XIV: «Il precedente Leone fu colui che promulgò il primo documento della Dottrina Sociale sui diritti e la dignità dei lavoratori».
Senza paura della violenza
Nella vita di Prevost il pericolo non era certo sconosciuto. Negli anni Novanta, mentre svolgeva il suo ministero pastorale a Trujillo, il terrorismo di Sendero Luminoso era al massimo della sua intensità. «Minacciavano noi e la nostra parrocchia, ma anche la sede vescovile del nord, dove piazzarono delle bombe» ricorda Lydon. Nonostante la paura, non fuggirono. Sebbene la provincia agostiniana del Midwest, con sede a Chicago, avesse preso in considerazione l’idea di evacuare il gruppo, «abbiamo ritenuto meglio rimanere e elaborare un piano su come accompagnare la gente in quel calvario, piuttosto che andarcene e dare l’impressione di abbandonarli».
Lo stesso atteggiamento lo ha accompagnato durante la pandemia. Secondo il sacerdote José-Antonio Jacinto, che lo ha accompagnato a Chiclayo, «durante le inondazioni causate dal Niño ha dato prova di iniziativa e grande leadership. O anche durante la pandemia, soprattutto quando ha aperto le chiese prima di chiunque altro in Perù, dimostrando grande coraggio».
Un cuore peruviano
La storia di Robert Prevost, il giovane americano che un giorno divenne Papa Leone XIV, iniziò nel nord del Perù, tra polvere, povertà e paura. Arrivò a Piura con poco spagnolo, molti sogni e un cuore disponibile. A Chulucanas organizzava messe in villaggi senza elettricità, percorreva strade a cavallo o a piedi e si prendeva cura dei bambini con strategie creative come sport, escursioni, attività ricreative. «Ci tirava fuori dalla routine e ci allontanava dalle cattive influenze», ricorda Héctor Camacho, allora giovane chierichetto. «È arrivato con poco spagnolo e tanti sogni. Ma aveva qualcosa. La gente lo cercava, voleva stare con lui “.
” Ci hanno dato 24 ore per andarcene o ci avrebbero ucciso“, racconta Fidel Alvarado, che era seminarista a Chulucanas. Ma il legame con la gente era più forte della paura. ” Avevamo camminato con loro, mangiato nelle loro case, sentito il loro dolore. Non potevamo andarcene”.
Ancora oggi in quelle comunità si conservano fotografie sbiadite del giovane sacerdote. Il vescovo di Chulucanas, monsignor Cristóbal Mejía, mostra la semplice stanza in cui viveva Prevost e il vecchio veicolo che utilizzava per girare i paesi. «Andava a letto alle undici di sera e si alzava alle cinque per pregare», racconta.
Più tardi, a Trujillo, divenne vicario generale, professore di seminario e parroco. Con il passare degli anni, il suo spagnolo divenne fluente, il suo impegno si consolidò e, nel 2015, ottenne la cittadinanza peruviana.
Oscar Murillo Villanueva, sacerdote a Trujillo, ricorda Prevost come una persona che «ha sofferto con il popolo. Non ha taciuto di fronte ai massacri, alla negligenza dei governi, né di fronte alle inondazioni». Non è mai stato indifferente di fronte all’ingiustizia.
La sua fermezza era accompagnata da un carattere allegro e affabile. José William Rivadeneyra, professore ed ex seminarista, lo descrive con affetto: “Aveva un senso dell’umorismo impareggiabile”. Anche se non esitava a essere severo: espelleva senza esitazione chi copiava durante gli esami.
Nei momenti più difficili, ha anche dimostrato serenità. Quando morì sua madre, Camacho lo ricorda mentre faceva le valigie con calma: “Ho pianto per lui, ma lui era tranquillo. Come se sapesse che lei era già nelle mani di Dio”. Anni dopo, Camacho gli chiese il permesso di chiamare sua figlia come la madre del sacerdote, Mildred. Prevost non solo accettò, ma divenne anche suo padrino. Oggi, Mildred Camacho conserva con affetto le lettere in cui l’attuale Papa le raccontava delle sue missioni e concludeva sempre: «Ricordami nelle tue preghiere, come io ti ricordo nelle mie».
Da Chiclayo a Roma
L’elezione di Robert Prevost a Leone XIV non è solo il coronamento di una vita di dedizione, ma anche il riconoscimento di una testimonianza iniziata in villaggi di terre devastate. Oggi, come successore di Pietro, non dimentica il Perù.
Con informazioni di Infobae e Religión en Libertad
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