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Temperanza e intemperanza nella lotta tra Rivoluzione e Controrivoluzione

 In un’altra delle sue originali e assolutamente geniali visualizzazioni, un giorno il Prof. Plinio Corrêa de Oliveira spiegò il tema della temperanza e dell’intemperanza.

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Foto: Sergio Ortíz su Unplash

Redazione (19/11/2023 14:54, Gaudium Press) In un’altra delle sue originali e assolutamente geniali visualizzazioni, un giorno il Prof. Plinio Corrêa de Oliveira spiegò il tema della temperanza e dell’intemperanza come fattore scatenante della virtù o del vizio, ma mettendolo in relazione con la contemplazione del tutto, col misticismo, con la Rivoluzione e con diverse altre cose.

Tuffiamoci dunque in questi mari, pieni di meravigliosi pesci multicolori, che possono offrirci molto a tutti i livelli.

Innanzitutto diciamo che la temperanza è “moderazione, temperanza”, essendo la temperanza “moderazione, sobrietà e continenza”, e nello specifico per il cristianesimo “una delle quattro virtù cardinali, che consiste nel moderare gli appetiti e l’uso eccessivo dei sensi, sottomettendoli alla ragione”.

L’intemperanza è evidentemente l’opposto.

Vediamo come il tema sia più che importante, tanto più se si considera la visualizzazione del dottor Plinio:

Il “laboratorio” dove si prepara la temperanza o l’intemperanza è l’anima umana, ma più specificamente gli appetiti sensibili, poiché egli chiamava “sensualità” intemperante – nel suo glorioso saggio Rivoluzione e Contro-Rivoluzione – il disordine degli appetiti sensibili, l’appetito irascibile e l’appetito concupiscibile, e in particolare quest’ultimo, inteso come l’inclinazione umana ai piaceri sensibili.

Nell’anima intemperante la concupiscenza è disordinata, non è controllata dalla ragione. Vi si annida anche “l’orgoglio”, inteso come appetito disordinato per la propria eccellenza, che con il suo disordine nega le reali eccellenze degli altri, nega le gerarchie e l’autorità, e propugna una falsa eccellenza che l’orgoglioso non possiede, se non un livellamento verso il basso, un’uniformità totale e innaturale.

Ma diciamo che nella visualizzazione di Plinio il tema è trascendente, perché non rimane solo una lotta interna all’individuo umano, ma egli sosteneva che dalle facoltà sensibili il disordine si diffonde alle idee dell’uomo (si deve vivere come si pensa, pena il finire di pensare come si vive); e dall’uomo sviato da questa concupiscenza e da idee sbagliate, il disordine passa ai fatti, da cui il fenomeno della Rivoluzione, come nella Rivoluzione protestante, nella Rivoluzione francese e nella Rivoluzione comunista, tre semplici tappe di quel processo disordinato verso il Regno rivoluzionario del disordine, l’Anarchia, dove la concupiscenza disordinata e l’orgoglio egualitario regnerebbero incontrastati.

Temperanza o intemperanza sono quindi un’alternativa gigantesca e trascendente, con ripercussioni sulle società, sulla civiltà, con sviluppi addirittura eterni…

Sappiamo dalla Rivelazione che in seguito al peccato originale l’uomo è incline all’intemperanza e che per recuperare la temperanza è necessario l’aiuto della grazia, che sgorga copiosa dal costato lacerato di Cristo, da cui è nata la Chiesa. Vediamo, quindi, che la prima arma contro la Rivoluzione è la Grazia di Dio, la preghiera costante, i sacramenti frequenti. Non c’è vera Controrivoluzione o autentico controrivoluzionario che non abbia come primo principio il primato della Grazia e la necessità di ricorrere costantemente ad essa.

Nel frattempo, ci sono altri elementi…

Il dottor Plinio metteva in relazione la temperanza con l’equilibrio, l’armonia, i ritmi cadenzati, le visioni d’insieme, il distacco, la contemplazione del divino nella creazione, e quindi l’intemperanza con lo squilibrio, la disarmonia, la corsa folle, le visioni parziali, gli attaccamenti disordinati, le visioni prosaiche e meramente terrene della realtà.

Spieghiamo alcuni di questi aspetti.

La temperanza o moderazione produce equilibrio, inteso come funzionamento pacifico dell’anima in cui la ragione è illuminata dalla fede, che a sua volta orienta la volontà, che a sua volta controlla le passioni: sono capace di gustare un buon pasto, ma non in eccesso, perché va contro il bene integrale della mia salute, fisica e spirituale; posso godere di un buon brano musicale, ma se arriva l’ora del dovere, sospendo il mio piacere e mi impegno nello sforzo; ecc.

La temperanza produce l’armonia, cioè il rapporto ordinato, appropriato, proporzionato di elementi diversi: ci sono momenti in cui dobbiamo riposare, ci sono momenti in cui dobbiamo lottare: ci sono momenti in cui dobbiamo occuparci della retta ragione e della forza di volontà, e ci sono momenti in cui la sensibilità può essere legittimamente esplorata. L’armonia evita la mania per un singolo fattore, perché sa che la vera bellezza è il rapporto ordinato della varietà che raggiunge l’unità: l’armonia è capace di godere con temperanza di un bel tramonto, un tramonto sul mare, e poi abbandonarlo senza attaccamento perché si deve mangiare, e poi se si deve studiare per l’esame del giorno dopo, lo si va a fare…

La temperanza rifiuta la folle corsa delle società moderne, e sa coniugare la pace offerta da un buon gregoriano di rectus tonus, con la piacevole cadenza di una bella polifonica, con la fermezza e la decisione di una buona marcia militare, con l’elegante giovialità di un buon minuetto o l’innocente allegria di un tono mozartiano; la temperanza rifiuta assolutamente la folle, costante e disordinata agitazione, stile rock and roll.

La temperanza ama le visioni d’insieme: può preferire il mare alla montagna, ma sa che la natura non è solo mare, ma anche valli, colline, fiumi, montagne innevate, deserti, e più che il mare, ama l’insieme creato degli spazi naturali, il che le impedisce di attaccarsi ferocemente all’oggetto della sua preferenza. Il moderato non è attaccato al mare, né alle montagne, ma nella sua visione d’insieme sa che Dio si riflette sia in un tramonto a Rio de Janeiro sia sul Monte Bianco, che Dio si riflette sia nel cigno sia nel pavone, o in un semplice gattino, ogni elemento a suo modo, e che integra la totalità.

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Foto: Samuel Ferrara su Unplash

La temperanza non è nemmeno attaccata alle visioni degli insiemi naturali, ma sa che essi sono solo un riflesso delle perfezioni divine, e chiede umilmente al Signore di essere vista negli insiemi meravigliosi che ci ha messo a disposizione su questa terra. Come diceva il dott. Plinio, l’Universo è una Cattedrale, affinché in esso possiamo conoscere Dio.

Il temperante non ha fatto dell’Universo e dei suoi doni solo una fonte del suo piacere egoistico, non si è affezionato, ma cerca nella sana delizia dell’Universo, il Dio dell’Universo, e quindi quando arriva l’ora del sacrificio, del dolore, che arriva per tutti noi, chiede a Dio la forza e va come il guerriero alla più giusta delle battaglie, per fare gli olocausti che deve fare. E, sorpresa, sorpresa, trova anche nelle lotte e nei sacrifici meraviglie gigantesche, che gli fanno capire il ruolo del sacrificio in questa vita, e come ci configura con Cristo, Dio, Uomo, Modello di tutto, anche del buon sacrificio.

Per tutto questo, la persona temperante è veramente terrorizzata dall’intemperanza che invece schiavizza, che taglia la strada al Cielo e trasforma l’uomo da angelo in animale, intemperanza che è la via che conduce al regno dell’orrore, delle tenebre e del male.

Per questo il temperante fugge da ogni piacere che possa renderlo schiavo, ed è particolarmente attento e vigile nei confronti dell’iperintensità, dell’iperagitazione, della monomania, delle visioni parziali, dei piaceri che non rimandano al Cielo, dei piaceri che non rendono un sereno omaggio all’Autore di ogni oggetto piacevole, che è Dio Nostro Signore.

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Foto: AARN GIRI su Unplash

La persona temperante sa che la Fede non è solo sapere che Dio esiste e che va onorato nel culto divino, ma che vuole fare della sua vita una costante continuazione di “momenti di culto”, perché come onora Dio nella Messa, nel Tempio e nel Rosario, così lo onora anche nella voliera, lo fa anche nell’uccellino, nel magnifico castello, nel fiume e nel mare, nella formica, nel Santo, nella meraviglia e nel semplice elemento, in modo calmo, sereno, meditativo, contemplativo, distaccato, unito, trascendente.

In una parola, in modo moderato.

Una temperanza contemplativa e sacrificale, un modo di vivere verso il Creatore, che deve coprire il nostro contatto con l’Universo, e che fa dell’Universo una Cattedrale, per onorare Dio.

Chiediamo alla Madonna la virtù essenziale della Temperanza.

Di Saul Castiblanco

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