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A Madrid il primo ’Conclave’ del cinema cattolico

Si tratta di CinemaNet, coordinato da Daniel Arasa.

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Redazione (20/01/2024 15:58, Gaudium Press) Lo scorso 15 gennaio, presso la Fondazione Ángel Herrera Oria dell’Associazione Cattolica dei Pubblicitari, si è svolto quello che alcuni chiamano già il primo Concilio di Gerusalemme o Conclave dei cineasti.

Si tratta di CinemaNet, coordinato da Daniel Arasa. All’incontro hanno collaborato Signis, l’organizzazione cinematografica della Conferenza Episcopale Spagnola, e l’Osservatorio della Religione e della Società della CEU.

Si è sottolineato quanto sia vitale il cinema cattolico spagnolo. Si tratta di società molto piccole, ma già esperte e rodate, che devono imparare a collaborare tra loro e a non ostacolarsi a vicenda. Ogni anno lanciano diversi film e sono riusciti a ritagliarsi uno spazio, un pubblico di nicchia.

I temi che hanno guidato l’incontro sono stati molti:

Ha senso che ogni anno escano così tanti documentari cattolici e non costituisce un problema che due film “sui valori” escano a distanza di una sola settimana? Oltre ai documentari, è possibile realizzare fiction in chiave cristiana? È possibile ottenere più finanziamenti con le nuove leggi sul patrocinio? Perché non vengono assegnati più premi? Perché molti film non raggiungono le piattaforme?

Forse la parola più ripetuta, che non ha disturbato affatto, è stata “battaglia culturale”. Forse è stata usata più da chi viene dal mondo del giornalismo che da chi viene dal mondo dell’estetica. In ogni caso, non si può fare una battaglia a colpi di improvvisazione.

C’è stato un altro punto di accordo: il cinema cristiano non è un business, è piuttosto un apostolato, e le diverse case di produzione non sono in concorrenza tra loro. Ma è necessario un maggiore coordinamento tra loro.

Questo è un evento pionieristico”, ha detto Daniel Arasa, “non c’è mai stato un evento del genere in Spagna, e forse nemmeno fuori dalla Spagna. Vogliamo riflettere su questo tipo di cinema. Vogliamo anche che le persone coinvolte si incontrino, collaborino ed entrino in simbiosi. Stiamo conducendo una battaglia culturale, diffondendo valori positivi”.

Arasa ha tracciato una sintesi storica del cinema cattolico.

Breve storia

“Il cristianesimo è entrato nel cinema fin dalle origini”, ha ricordato. “Nel 1898, durante la rivoluzione a Cuba, c’era già un cortometraggio sulla Passione di Cristo, realizzato da uno dei fratelli Lumiere. Joaquín Selma ha raccolto infatti centinaia di vecchi film religiosi. Negli anni ’50 e ’60 avvenne un’esplosione del cinema cattolico e biblico, mentre negli anni ’60 si ebbero film meno grandiosi, come I Dialoghi delle Carmelitane, Un Uomo per l’Eternità o Il Vangelo secondo Matteo, di Pasolini.

In seguito, non c’è stato quasi più cinema religioso, tranne, negli anni ’90, i film italiani della Lux Vide per la TV. Gli evangelici negli Stati Uniti hanno iniziato a fare film cristiani intorno al 2000, e la Passione di Cristo di Mel Gibson ha avuto successo nel 2004. Poi sono arrivati molti film religiosi. Il documentario di Cotelo del 2010, L’ultima cima, e la storia dei martiri di Pablo Moreno del 2013, Un Dio proibito, sono i principali. In seguito sono usciti molti altri film religiosi, molti dei quali documentari.

Sono poi emerse altre tematiche da parte di alcuni partecipanti come Paco Arango, sceneggiatore e regista, che ha affermato: “Sì, è possibile fare film su Dio. Cerco di fare film con valori che appassionino, che muovano il cuore e che parlino bene di Dio partendo dalla realtà. Cerco di avvicinare Dio a chi non ce l’ha. Magari lo guardano con occhi normali, ma se il film è buono, il messaggio arriva al cuore. È vero che bisogna essere molto pazzi per fare film”.

    Pablo Moreno, regista e sceneggiatore noto per i suoi film sui santi, come La Sirvienta, Claret, Luz de Soledad, Petra de San José… che collabora con la Goya Producciones e  la BoscoFilms, ha detto: “La gente non va molto in chiesa, ma va nei centri commerciali,  lì ci sono i cinema, ed è lì che si trovano i nostri film, è lì che vogliamo condividere quello che abbiamo”.

Moreno chiede di “professionalizzare questo settore”, anche se “qui i risultati si misurano con altri tipi di ripercussioni, con persone che ti chiamano e ti dicono ‘il tuo film mi ha cambiato la vita’. Sono stato incoraggiato a fare questo film dal film Teresa di Calcutta di Fabrizio Costa del 2003, che mi ha commosso. Ho capito che volevo farlo”. Protesta per il fatto che ci sono critici che “ci danno maliziosamente l’etichetta di ‘cinema religioso’ come se fosse di serie B o di serie Z. Ma la conoscenza impegna: lo spettatore conosce la storia che stai raccontando e si appassiona ad essa”.

Con informazioni e foto di Religión En Libertad.

 

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