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Il tribunale vaticano condanna a 5 anni di carcere il cardinale Becciu

Il tribunale vaticano ha condannato il cardinale Becciu a cinque anni e sei mesi di carcere, oltre all’interdizione perpetua dai pubblici uffici e a una multa di 8.000 euro.

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Foto: Media Vaticani/Notizie Vaticane

Redazione (18/12/2023 15:39, Gaudium Press) L’arcivescovo Giovanni Angelo Becciu, ex Sostituto per gli Affari Generali ed ex Prefetto per le Cause dei Santi, è stato accusato di appropriazione indebita, abuso di potere e corruzione di testimoni.

Nel 2020, l’arcivescovo Becciu era stato privato dei suoi diritti di cardinale dopo essere stato coinvolto in uno scandalo legato all’utilizzo dei fondi dell’Obulus di San Pietro – un fondo di donazioni dei fedeli della Chiesa cattolica utilizzato per opere di carità – per acquistare un edificio al 60 di Sloane Avenue a Londra.

Sentenza del tribunale

Sabato 16 dicembre 2023, il Tribunale vaticano ha condannato l’arcivescovo Becciu a cinque anni e sei mesi di carcere, all’interdizione a vita dai pubblici uffici e a una multa di 8.000 euro per frode e appropriazione indebita. La sentenza è stata emessa dal presidente del Tribunale vaticano, Giuseppe Pignatone, in una sala dei Musei Vaticani, dove si sono tenute le 86 udienze del processo giudiziario, iniziato nel luglio 2021.

La Corte ha ritenuto comprovato il reato di appropriazione indebita per l’uso illecito della somma di 200 milioni e 500 mila dollari, “pari a circa un terzo del patrimonio della Segreteria di Stato dell’epoca, in violazione delle disposizioni sull’amministrazione dei beni ecclesiastici”. Tale somma era stata versata tra il 2013 e il 2014, per volere dell’allora sostituto monsignor Giovanni Angelo Becciu, per quote di Athena Capital Commodities, un hedge fund di proprietà di Raffaele Mincione, con caratteristiche altamente speculative e che comportava un elevato rischio per l’investitore senza possibilità di controllo sulla gestione.

La Corte ha quindi ritenuto il cardinale Becciu e Mincione colpevoli del reato di appropriazione indebita, in quanto erano in contatto diretto con la Segreteria di Stato per ottenere il pagamento del denaro “nonostante non fossero state soddisfatte le condizioni richieste, come pure, per accordo con loro, Fabrizio Tirabassi, dipendente dell’Ufficio Amministrazione, ed Enrico Crasso, ex consulente finanziario della Segreteria di Stato”.

In relazione invece al riacquisto delle società proprietarie dell’edificio londinese da parte della Segreteria di Stato nel 2018-2019, attraverso una complessa operazione finanziaria, il Tribunale ha ritenuto Gianluigi Torzi e Nicola Squillace colpevoli del reato di truffa aggravata e Torzi del reato di concussione in concorso con Tirabassi, “nonché del reato di autoriciclaggio di quanto illecitamente ottenuto”.

Torzi, Tirabassi, Crasso e Mincione, per contro, sono stati scagionati dall’accusa di appropriazione indebita “perché non sussiste il reato di appropriazione indebita loro ascritto in relazione alla presunta sopravvalutazione del prezzo di vendita”.

Inoltre, il cardinale Becciu e Cecilia Marogna sono stati riconosciuti colpevoli del versamento da parte della Segreteria di Stato di somme per un totale di oltre 570.000 euro a favore della Marogna, attraverso una società a lei riconducibile, “con la falsa affermazione che il denaro sarebbe stato utilizzato per contribuire alla liberazione di una suora rapita in Africa”.

Il cardinale Becciu è stato inoltre riconosciuto colpevole di appropriazione indebita per aver disposto, in due occasioni, il versamento su un conto intestato alla Caritas-Diocesi di Ozieri, della somma complessiva di 125.000 euro in realtà destinata alla cooperativa Spes, di cui era presidente il fratello Antonino Becciu. “Sebbene la destinazione finale delle somme fosse di per sé lecita, il Tribunale ha ritenuto che l’erogazione dei fondi da parte della Segreteria di Stato costituisse, nella fattispecie, un uso illecito degli stessi, configurando il reato di peculato, in relazione alla violazione dell’art. 176 del Codice Penale, che punisce l’interesse privato in atti d’ufficio, anche per interposta persona, in linea – inoltre – con quanto previsto dal canone 1298 del CIC, che vieta l’alienazione di beni pubblici ecclesiastici a parenti fino al quarto grado”.

“Rispettiamo la sentenza, ma certamente presenteremo appello”, ha dichiarato Fabio Vignone, avvocato del cardinale, aggiungendo che “pur essendo profondamente addolorati per la decisione, abbiamo una solida certezza: il cardinale Becciu, fedele servitore del Papa e della Chiesa, ha sempre agito nell’interesse della Segreteria di Stato e non ha tratto alcun vantaggio né per sé né per i suoi parenti”.

Sembra però improbabile un ribaltamento della sentenza in seconda istanza.

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