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Messico: leader pro-vita accusato per aver usato pronomi maschili per un deputato

 Si tratta di Rodrigo Iván Cortés, presidente del Fronte Nazionale della Famiglia.

 

4d47d9e7e778f91a8b30913519b3927b 400x400Foto Twitter: Rodrigo Ivan Cortes

Redazione (19/05/2023 13:07, Gaudium Press) Rodrigo Ivan Cortes è nel suo Paese, il Messico, una figura che muove le masse. E per una buona causa, quella pro-vita. È presidente del Frente Nacional de la Familia, ed è naturale che per il suo dinamico attivismo sia nel mirino degli oppositori di questa causa.

È stato accusato e portato in giudizio da un deputato che, nel settembre 2022, ha presentato la sua proposta legislativa pro-LGBTI vestito da vescovo cattolico, cosa che in Messico non sembra essere un’offesa ai sentimenti religiosi della maggioranza della popolazione, visto che ne è uscito indenne.

All’epoca Rodrigo Cortés aveva denunciato la proposta legislativa del deputato come una grave violazione dei diritti di libertà di parola e di religione, in quanto di fatto criminalizzava la diffusione dell’insegnamento cristiano, qualificandolo come “discorso d’odio”.

Invece il deputato ha potuto denunciare Cortés, sostenendo che alcuni suoi post su Twitter e Facebook costituivano una violazione del suo diritto a essere “riconosciuto come donna” e rappresentavano una “negazione dell’identità”, in quanto lo trattava come un uomo e usava pronomi maschili nei suoi confronti.

Lo scorso febbraio la Camera Regionale Specializzata del Tribunale Elettorale della Magistratura Federale del Messico ha stabilito che i post costituivano effettivamente una violenza digitale, simbolica, psicologica e sessuale nei confronti del deputato, e ha condannato Cortes e la sua associazione a pagare una multa e a pubblicare un estratto della sentenza sui social network.

La sentenza è stata impugnata da Cortés e ora si attende la sentenza del più alto tribunale elettorale del Paese, la Camera Superiore del Tribunale Elettorale della Magistratura Federale.

Cortés, insieme agli avvocati dell’Alliance Defending Freedom International, ha già deciso di presentare una petizione alla Commissione Interamericana per i Diritti Umani, a difesa del diritto alla libertà di parola, preparando così il terreno per un eventuale ricorso contro una sentenza che gli potrebbe essere contraria, cioè che ratifichi la sentenza di primo grado.

 

Con informazioni della Nuova Bussola Quotidiana.

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